Superare le numerose incongruenze nel CIS che destina 90 milioni al nostro Centro Storico
Documento del Circolo PD “Centro Storico e Frazioni” Cosenza.
Pur ottimisti nel vedere che qualcosa finalmente si muove per la rigenerazione del Centro Storico di Cosenza nell’ambito della firma del CIS sui 90 milioni di euro CIPE destinati dal MiBACT alla nostra città, non possiamo tacere sulle incongruenze presenti nel progetto integrato e che ci aspettiamo vengano presto chiarite dai rappresentanti del governo.
Innanzitutto, salta all’occhio come alla firma del contratto tra gli enti non sia seguita la pubblicazione del documento che dovrebbe chiarire chi fa cosa e come: chi è stazione appaltante, chi è centrale di committenza; solo i finanziamenti dei singoli interventi sono sommariamente descritti nella scheda portata all’attenzione dei cittadini.
Il progetto integrato investe maggiormente scuole e laboratori della città vecchia già in parte oggetto di finanziamento dalla scorsa amministrazione regionale, tralasciando strutture molto significative quali l’Umberto I, il palazzetto dello sport di Casali o le piscine del Centro Storico. Queste ultime, se coinvolte potrebbero, grazie ad una integrazione tra sport e cultura, già funzionante in altri quartieri degradati di altre città del sud, ad un più proficuo risultato sociale per gli abitanti di Cosenza Vecchia.
Pur riconoscendo come positivo il finanziamento dei Giardini Urbani diffusi, l’opificio del libro presso la Biblioteca Civica, frutto di proposte avanzate da gruppi di cittadinanza attiva e gli hub culturali, creativi e per la start up d’impresa, sostenuti in collaborazione con UNICAL, non ravvediamo la medesima attenzione verso i bisogni immediati dei cittadini, e cioè il sostegno ai servizi alla persona, agli artigiani e al commercio al dettaglio. Da Portapiana alla Massa, passando per Santa Lucia, è praticamente impossibile trovare negozi che facilitino il vivere quotidiano degli abitanti.
Per fortuna, alcune delle proposte della passata amministrazione regionale guidata da Mario Oliverio, che ricordiamo riuscì a portare a Cosenza tale finanziamento, il più importante mai ottenuto dalla nostra città, sono state inserite nella stesura finale del CIS. Queste, a seguito di passate serrate discussioni in sede MiBACT, sono, tra gli altri, il rifacimento dei vicoli e delle gradinate, dei sotto servizi come fognature e acqua pubblica e l’abbattimento delle barriere architettoniche per le persone anziane e con disabilità. Tali interventi necessiterebbero, evidentemente, della continua consultazione con la Soprintendenza bruzia, che però appare esclusa dal novero degli enti pubblici parte del CIS.
Lato privati si è ottenuto ben poco; fortunatamente il Bando Borghi della passata amministrazione regionale ha in parte sopperito a tale mancanza, sempre che l’attuale amministrazione regionale non decida di revocarlo in danno ai tanti beneficiari già selezionati dalla valutazione delle commissioni. Per tacere di Agenda Urbana, 45 milioni per il centro storico spariti dai radar così come pure quelli del Bando Periferie ministeriale.
Prendere in considerazione, poi, il comune di Cosenza sarebbe come sparare sulla croce rossa, incapace com’è di produrre uno straccio di bando di social housing ma che continua a ristrutturare palazzi storici che, in violazione di legge, invece di essere assegnati con gare pubbliche, finiscono occupati privatamente, senza sostegno pubblico e quindi degradati, col solito sperpero di denaro della collettività.
Resta infine il dubbio che tale cospicuo finanziamento MiBACT, sfociato in un progetto integrato frutto di molteplici incontri durati più di due anni a causa dei ritardi dell’allora governo giallo verde, passati attraverso ben due ministri, due presidenti di regione e diversi attori istituzionali, sia oggetto di una campagna personalistica del sottosegretario Orrico che appone il proprio logo personale su tutte le locandine e annunci social degli eventi di presentazione dello stesso, accanto a quelli del Ministero che di tale ruolo l’ha investita, anteponendo un atteggiamento di autopromozione ad un progetto che ha visto, invece, la collaborazione di diversi e molteplici soggetti istituzionali e l’impegno costante e puntuale di tantissime associazioni e comitati del territorio, che come Circolo continueremo a sostenere.
Il Quotidiano del 27 settembre 2020
La scuola ricomincia…
Peppino Caldarola non è più…
20 settembre 1870, 150 anni fa la Breccia di Porta Pia…
Addio a Rossana Rossanda, la ragazza del secolo scorso…
“Rifardi” ? No grazie !
Auguri di buon onomastico, Umberto
Riaprire la scuola responsabilità collettiva del Paese
Articolo su il casinistanews.net
Sulla riapertura della scuola si sta dicendo tanto, forse troppo. Del resto è del tutto naturale che su un tema che attiene praticamente alla vita quotidiana della società, si discuta e si senta la necessità di dire la propria. Personalmente credo che bisogna però orientare il dibattito su alcuni punti fermi, primo fra tutti che non ci si può permettere un lock down del futuro. La scuola, infatti, è l’incrocio delle molteplici domande che la società avanza su di sé e sulle sue prospettive di sviluppo. Senza scuola, quindi, una società semplicemente non ha futuro.
A tutto ciò si aggiunga la considerazione che con il Coronavirus dovremo probabilmente convivere per tempi medio lunghi.
Se si parte da questa consapevolezza il tema diventa non se ma come riaprire.
I mesi che abbiamo alle spalle, caratterizzati dalla cosiddetta didattica a distanza, che pure ha consentito di tamponare le falle in un momento di estrema emergenza sanitaria, hanno dimostrato, qualora ce ne fosse bisogno, come la scuola sia una parte essenziale del sistema-Paese e non ci si può permettere di tenerla chiusa oltre un certo limite. Bisogna dire che questa emergenza ha anche fatto giustizia su certe frettolose analisi che pure avevano fatto capolino nelle discussioni prima della pandemia, sulla “inutilità” della scuola tradizionale, sul predominio delle nuove tecnologie presupposto di una “spersonalizzazione” del processo educativo e, a cascata, sulla inutilità stessa della funzione docente e di tutto l’apparato didattico, tecnico e amministrativo che ruota attorno all’organizzazione scolastica.
Le illusioni descolarizzatrici sono miseramente crollate di fronte al fatto che (dati riferiti ai paesi OCSE) il 9% degli studenti di 15 anni non ha un posto tranquillo per studiare a casa, e solo circa la metà della stessa fascia di età è iscritta a scuole in cui è disponibile una piattaforma di supporto all’apprendimento online. Tralasciamo poi il problema di docenti che, per il 35% non hanno le competenze pedagogiche e tecniche necessarie per integrare la tecnologia digitale nell’istruzione, secondo i dirigenti scolastici.
Ma, in generale, abbiamo appreso tutti quello che noi operatori della scuola sapevamo già, e cioè che la scuola non è solo trasmissione di nozioni, ma anche, se non soprattutto, socializzazione di percorsi, esperienze, bisogni.
Abbiamo scoperto, inoltre, che un conto è smanettare su uno smartphone per sentire musica o stare in contatto con gli amici sui social, un conto è fare lezione, ascoltare, imparare, comunicare competenze.
La pandemia, dunque, ha portato al pettine i nodi di una necessaria modernizzazione del sistema che non è scontato si possa realizzare soltanto con l’acquisizione delle opportunità che offre l’innovazione digitale.
Se questo è il quadro, e tutti dobbiamo esserne consapevoli, riaprire diventa una necessità unita a quella di accelerare i processi di modernizzazione già in atto valorizzando le competenze esistenti e sviluppando nuove forme di insegnamento e di apprendimento. Dobbiamo tutti imparare ed essere disponibili a metterci in discussione, docenti, ragazzi, famiglie. Questo processo deve andare avanti, anzi, l’emergenza può rappresentare, da questo punto di vista, una opportunità per fare di più e più in fretta.
Riaprire, quindi, con responsabilità e sapendo che tutti dobbiamo essere disponibili ad assumerci un minimo di rischio. Perché di questo si tratta. Del resto se la sera i ragazzi escono per incontrarsi con i loro amici nei bar aperti e nei luoghi di ritrovo non si espongono forse ad un rischio calcolato ? E non mi pare che ciò stia suscitando grande scandalo, se consideriamo il fatto che gran parte dei contagi registrati nell’ultimo periodo riguardano ragazzi tornati da vacanze all’estero e dal contatto nei luoghi della movida. Ovviamente tutto ciò non deve diminuire ma anzi aumentare l’attenzione e la prudenza per fare delle scuole dei luoghi sicuri per studenti e personale.
Ben vengano, dunque, tutte le misure, sapendo che qualche contagio ci sarà comunque, che forse bisognerà isolare qualche focolaio, mandare in quarantena qualche ragazzo e qualche docente, magari chiudere qualche classe o qualche scuola. In quel caso si attiveranno didattica a distanza e altre misure, senza allarmismi e con, ripeto, responsabilità. Facendo di questa terribile crisi una occasione per mettere in campo, ancora una volta come nei mesi del lock down quella grande capacità di adattamento che il nostro popolo ha dimostrato, con gli occhi protesi al futuro dei nostri giovani e, quindi dell’intero Paese. Perché riaprire la scuola è certamente più importante di riaprire le discoteche.
Far ripartire la scuola è responsabilità del Paese per evitare un lockdown culturale
“Il vecchierell canuto et biancho…”
Il ricordo di Maria Montessori esempio per la scuola di oggi…Bene Presidente Mattarella
Significativa la dichiarazione di oggi del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 150° anniversario della nascita di Maria Montessori.
“Maria Montessori nasceva centocinquanta anni fa, a Chiaravalle. La sua umanità, i suoi studi, la sua coraggiosa esperienza di educatrice, hanno impresso un segno profondo nelle scienze pedagogiche e indicato orizzonti nuovi per la scuola, a beneficio di milioni di giovani in ogni parte del mondo, che hanno potuto e saputo accrescere in piena libertà la loro personalità.
Proprio negli anni più duri del Novecento Maria Montessori è riuscita a infrangere antichi pregiudizi, dimostrando la irragionevolezza di metodi di insegnamento basati sull’autoritarismo e contrastando pratiche di emarginazione ai danni di chi era sofferente o veniva considerato diverso, aprendo la strada a un percorso di crescita dei bambini basato sulla piena espressione della loro creatività, nella formazione responsabile alla socialità.
Il suo “metodo” ha varcato le frontiere e, nel suo nome, tantissime educatrici ed educatori, ragazze e ragazzi, hanno conferito alla scuola un valore di crescita nella conoscenza che, accanto al sapere letterario e scientifico, abbia lo sguardo rivolto allo sviluppo integrale della personalità degli alunni.
La vita di Maria Montessori è stata anche simbolicamente una storia di libertà, di intelligenza, di creatività femminile. Sono tante le insegnanti, le educatrici, le operatrici scolastiche che continuano oggi a impegnarsi con la medesima passione.
La comunità della scuola è risorsa decisiva per il futuro della comunità nazionale, proprio in quanto veicolo insostituibile di socialità per i bambini e i ragazzi: ne comprendiamo ancor più l’importanza dopo le chiusure imposte dalla pandemia. Esempi come quello di Maria Montessori esortano ad affrontare efficacemente le responsabilità di questo momento difficile”.
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