Catalogna
Quanto sta accadendo in Catalogna è il frutto di gravissimi errori commessi sia dal governo di centrodestra di Madrid sia da parte della Generalitat di Barcellona.
La destra spagnola, anche dopo l’affermazione della democrazia seguita agli anni bui del franchismo, ha sempre osteggiato le spinte autonomiste delle diverse parti della Spagna, Paesi Baschi e Catalogna innanzitutto.
Diciamo che la destra spagnola ha fatto della lotta all’autonomismo, che è il frutto del pluralismo etnico, linguistico e culturale che ha sempre caratterizzato la penisola iberica, un tratto identitario.
Al contrario la sinistra spagnola, sia quella socialista che di origine comunista, pur essendo anch’esse centraliste, hanno sempre avuto una visione favorevole al riconoscimento di questa diversità e alla concessione di ampi spazi di autonomia.
Non è un caso che catalani e baschi, pur essendo ostili al centralismo madrileno, si schierarono compattamente a difesa della Repubblica Spagnola nella guerra civile contro i “nacionales” di Franco nel 1936-1939 e rimasero all’opposizione della dittatura con molti perseguitati e vittime. Addirittura il nazionalismo basco continuò con azioni terroristiche anche nei primi decenni dopo il ritorno della democrazia.
Agli inizi degli anni ’90, tuttavia, le spinte “indipendentiste” erano andate via via spegnendosi grazie alla concessione di spazi di autonomia che andavano dal riconoscimento del catalano e del basco come lingua e l’insegnamento nelle scuole oltre che Statuti speciali a queste regioni.
Il ritorno della destra al governo con Aznar riprendeva i temi della vecchia ostilità all’autonomismo e, di conseguenza, una ripresa delle spinte indipendentiste. Quando i socialisti di Zapatero tornarono al governo approvarono una legge nel 2006 che ampliava, nel quadro comune della dimensione unitaria dello Stato spagnolo, l’autonomia della Catalogna. Questa legge, approvata dal parlamento spagnolo e da quello della Generalitat a larga maggioranza, fu ratificato anche da un referendum popolare a dimostrazione della sua ampia legittimazione democratica.
Contro questa legge fece ricorso alla Corte costituzionale la destra. Quest’ultima l’ha in parte accolto, cassando alcune parti dello Statuto catalano e scatenando la ripresa delle spinte indipendentiste alimentate anche dalla crisi economica (si ricordi che la Catalogna è l’area più ricca e sviluppata della Spagna).
La ragione politica avrebbe dovuto spingere il governo Rajoy ad una maggiore prudenza e non a chiusure. Allo stesso modo la Generalitat avrebbe dovuto mostrare maggiore realismo, considerando che nelle elezioni del 2014 i partiti indipendentisti hanno raccolto solo il 45 per cento dei voti, segno che la maggioranza dei catalani si sentono spagnoli oltre che catalani. Quanto sta accadendo oggi è il frutto di questi gravi errori. Una gestione più politica e non puramente repressiva di questa vicenda da parte del governo di Madrid sarebbe stata molto più efficace per isolare certe spinte indipendentiste. Al contempo un maggiore senso di responsabilità istituzionale da parte della Generalitat avrebbe evitato di portare la situazione fino a questo punto. Anche perché, francamente, l’idea di una Repubblica di Catalogna che aderisce all’UE (fatto già negato da Bruxelles del resto) è assolutamente velleitaria e priva di senso della storia oltre che di semplice buonsenso. Nella speranza che questo, alla fine, prevalga.
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