Cultura
Il folle caso della scoperta dell’America
Il 12 ottobre del 1492 un sognatore lucidamente folle, un emigrato italiano in Spagna, sbarcò per la prima volta su una terra sconosciuta che geografi forse per dispetto chiameranno anni poi col nome di un altro navigatore italiano, tra l’altro suo amico, America. Si chiamava Cristoforo Colombo. Questo grande marinaio genovese cercava una rotta per raggiungere le Indie da Ponente. Sapeva, da marinaio che aveva percorso per anni l’Atlantico, che la terra era a poche miglia marine, nonostante tutti gli scienziati del tempo sostenessero (ed avevano ragione) che la circonferenza della Terra fosse molto più ampia di quella pensata dall’antico geografo Tolomeo e ripresa dal cartografo fiorentino Paolo Dal Pozzo Toscanelli (teorie che invece Colombo credeva corrette). Colombo, dunque, aveva torto teoricamente ma aveva ragione empiricamente. Da marinaio “sapeva” che quell’Oceano non era tanto grande da non potere essere attraversato come dicevano coloro che la geografia la studiavano solo sui libri. Avevano invece ragione gli scienziati che avevano esaminato e bocciato il suo progetto, dicendogli che le coste più orientali dell’Asia erano molto più lontane di quanto dicesse. Avevano entrambi torto perché non sospettavano che tra Asia ed Europa ci fosse un altro immenso continente. A dimostrazione che i grandi cambiamenti della storia umana nascono, spesso, da fortunate casualità e da vistosi errori teorici.
Odio gli indifferenti
Dare un problema sui sassi dal cavalcavia è indice soprattutto di quella indifferenza che spesso nutre la stupidità di partì purtroppo non piccole della nostra società.
Come sorprendersi se questo virus alberga anche nella scuola dove la formazione degli insegnanti è stata ridotta a qualche corsetto per fare punteggio ? Aveva ragione Antonio Gramsci ad odiare gli indifferenti.
Il ritardo infrastrutturale ha origini preunitarie
Pubblicato su “Il Garantista” del 6 ottobre 2015
In questi giorni di intenso dibattito sulla necessità di superare il ritardo infrastrutturale del Mezzogiorno e segnatamente della Calabria è necessario, a mio parere, capirne le origini.
Da un punto di vista squisitamente storiografico la questione è facilmente risolvibile osservando, ad esempio, lo sviluppo del sistema ferroviario in Italia nell’800, prima ancora che essa divenisse uno stato unitario (17 marzo 1861). Il treno, nell’Ottocento, è stato infatti il simbolo stesso del progresso e il supporto fondamentale della modernizzazione e della industrializzazione delle nazioni.
In Italia, al momento dell’Unità, la situazione era la seguente: il Regno di Sardegna aveva 850 km di strade ferrate, come si diceva allora; il Lombardo-Veneto sotto il dominio austriaco 607 km; il,Granducato di Toscana 323 km; lo Stato Pontificio 132 km; il Regno delle Due Sicilie 128 km; i minuscoli Ducati di Parma e di Modena rispettivamente 99 km e 50 km.
Singolare il fatto che proprio il Regno delle Due Sicilie, il più esteso territorialmente che aveva inaugurato nel 1839 la prima linea ferroviaria italiana la Napoli-Portici, avesse il minor numero di km di binari. Continua a leggere
A Camigliatello per presentare “Vil razza dannata” di Filippo Veltri e Aldo Varano
Nell’ambito del Festival della Cuccia a Camigliatello abbiamo presentato il libro di Filippo Veltri e Aldo Varano “Vil razza dannata”.
E’ possibile una lettura del Mezzogiorno e della Calabria che non sia quello proiettato dal pregiudizio e dal punto di vista delle classi dirigenti del Nord del Paese ? Possono questi essere rappresentanti, a maggior ragione dopo lo scandalo di Mafia Capitale e degli scandalosi funerali del boss Casamonica a Roma, solo come sede di mafia, ndrangheta e malaffare ?
E’ possibile, dunque, un racconto che non ceda ai soliti stereotipi, che non nasconda i nostri difetti ma che nemmeno cada nel facile vittimismo o, peggio, in un rivendicazionismo subalterno e fine a se stesso ? Continua a leggere
Presentazione del libro di Rocco Giuseppe Greco “Il campo verde notte”
Risolvere il problema del “nostro” Sud.
Pubblicato su “Il Garantista” del 2 agosto 2015
In tutti i paesi la questione dello sviluppo unitario dei territori ha storicamente rappresentato una questione nazionale che è stata risolta a volte pacificamente e democraticamente a volte con la violenza e la guerra. Perché ogni paese ha un “nord” ed un “sud” e c’è sempre un “nord” più “nord”.
Prendiamo, ad esempio, gli USA, dove la questione Nord-Sud fu affrontata e risolta nel quadro di una delle più feroci guerre dell’età moderna, quando il problema dell’abolizione della schiavitù altro non era che la rappresentazione di un feroce conflitto tra due modelli di sviluppo, uno industriale e proteso all’espansione internazionale, l’altro agrario e chiuso in una dimensione tradizionale di una economia coloniale o post-coloniale.
Si pensi all’URSS staliniana dove industrializzazione e liquidazione brutale dell’economia contadina dentro il quadro ideologico della eliminazione dei kulaki come classe altro non erano che la scelta di un modello di sviluppo che si voleva in grado di competere con le altre potenze capitalistiche. Continua a leggere
A San Giovanni in Fiore per presentare il volume di Stefania Fratto, La vita che resta
IL VIDEO DELL’INIZIATIVA (Clicca qui)
Questo Governo eviti la Vandea in Calabria…
Quanto è accaduto oggi al Senato è vergognoso. 5000 famiglie di lavoratori precari calabresi vengono derubricati a fattore locale, ai soliti calabresi che cercano assistenza. Non si dice che si tratta di consentire alla Regione Calabria di spendere soldi propri. Non si dice che si tratta di difendere un percorso di contrattualizzazione che metta lo Stato italiano nella legalità facendolo uscire da una condizione di sostanziale sfruttamento di lavoro a nero. La battaglia comunque prosegue. Le forze politiche progressiste calabresi e la Giunta Oliverio sanno bene che la posta in gioco, oggi, è evitare che la Calabria precipiti in un ribellismo sanfedista e antipolitico. Il governo nazionale faccia di tutto per evitare che questa parte del Paese precipiti nella Vandea.
Dare sepoltura al cranio di Villella è una priorità
Pubblicato su “Il Garantista” del 20 luglio 2015
Leggo sulla stampa locale e anche sul vostro giornale un atteggiamento di sufficienza e un certo benaltrismo rispetto al documento licenziato all’unanimità dalla conferenza dei capigruppo del Consiglio regionale della Calabria che chiede la restituzione del cranio del brigante Villella attualmente custodito nel museo lombrosiano di Torino per dargli sepoltura nel suo paese natale, Motta Santa Lucia.
Io credo, invece, che quel documento sia non solo opportuno ma abbia anche un importante valore culturale.
Intendiamoci, nessuno vuole sminuire considerazioni che, giustamente, mettono in evidenza le grandi emergenze che si pongono davanti al nuovo governo regionale ed all’intero sistema politico calabrese.
Tuttavia avere scelto di compiere un atto politico per chiedere che sia cancellata una vera e propria vergogna culturale dalla nostra storia unitaria è da considerare di per sé non solo giusto ma addirittura prioritario. Continua a leggere
Non fermarsi…
La cosiddetta “Buona Scuola” è stata approvata. È una pessima legge e, secondo me, anche inapplicabile, come dimostra l’uragano di ricorsi che già si annuncia. Una legge senza capo né coda, una assemblato di slogan che non affronta nessuno dei problemi della scuola italiana.
Il vasto movimento che si è espresso in questi giorni non deve, dunque, disperdersi.
Occorre però che tutti abbiano consapevolezza che la battaglia, con gli strumenti che si sceglieranno (referendum, o altro) potrà essere vinta soltanto se non ci si limiterà a dire no e, invece, si costruirà finalmente e dal basso, la vera “buona scuola” di cui il Paese ha bisogno.