Chi è il mio prossimo ?
147 morti colpevoli soltanto di essere cristiani, sono stati trucidati in Kenya. Una strage che oggi è sulle prime pagine dei giornali ma lateralmente, domani non ci sarà più. Sui social, a parte qualche lodevole eccezione, sono altre le notizie che prevalgono.
Stessa sorte è toccata, solo pochi giorni fa alle stragi di uomini, donne e bambini nella faida tra musulmani sunniti e sciiti nello Yemen.
Sorte diversa è toccata alla strage di Parigi del gennaio scorso, dove si sono registrati 12 morti e 11 feriti e di cui ancora si parla e si discute, o alle 23 vittime dell’attentato del museo del Bardo a Tunisi.
Facile la considerazione che pure si è letta in altre occasioni: i morti non sono tutti uguali, per cui il nostro opulento occidente si sente coinvolto e piange solo quando i morti sono bianchi, europei e magari anche cristiani.
In realtà episodi come questi dimostrano che mentre l’odio può essere assoluto, travalicare confini, religioni, etnie, l’amore, invece continua ad essere limitato, limitato a chi si considera “prossimo”, vale a dire più vicino a sé.
Da secoli, cioè, l’uomo non riesce a rispondete alla domanda che Gesù formulò raccontando la parabola del buon samaritano: chi è il mio prossimo ?
Raccontando, infatti, dell’uomo aggredito e lasciato in fin di vita per strada che non riceve soccorso dai suoi connazionali e correligionari e, invece, viene salvato da un samaritano, cioè da un appartenente ad un popolo disprezzato e deriso dai Giudei, Gesù indicava con chiarezza che all’amore ed alla solidarietà non possono esserci limiti.
E non ci si rende conto che il problema di guardare all’altro uomo non come ad un nemico ma come al proprio prossimo va ben al di là del sentimento religioso e rappresenta invece il fondamento stesso del laicissimo concetto di democrazia moderna.
Ma purtroppo, dentro questo mondo grande e terribile, ci si continua ad illudere di poter sfuggire all’orrore e all’odio senza fine semplicemente chiudendo la finestra o cambiando canale.
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