La sindrome di Willy il Coyote
I Cinque Stelle vanno da soli contro tutti e soprattutto contro il PD. E ancora si inseguono candidati “civici”. Quanto a masochismo stiamo fregando persino Willy il Coyote.
Ciao Franco…
È scomparso Franco Federico. A Luzzi e anche oltre lo conoscevano tutti. Senza esagerare, oggi perdiamo un pezzo dell’anima della sinistra luzzese. Umile muratore, era stato militante comunista sin da ragazzo. Non amava le cariche ma sosteneva il partito sempre, in un comune dove DC, PSI e PCI erano fortissimi in una dinamica complessa di contrapposizioni anche durissime ma anche di convergenze virtuose. Luzzi è stato il comune degli Smurra, dei Marchese, dei Peluso. Personalità forti. Eppure con Franco tutti dovevano parlare perché Franco era, in qualche modo, una delle voci più ascoltate non solo nel PCI ma in tutta Luzzi. Ricordo con affetto quando mi fece un “cazziatone” perché, inviato dalla Federazione (eravamo già DS) avevo dato troppa confidenza agli ex DC. Franco aveva visione e cultura politica da vendere. Abbraccio i suoi figli e i suoi nipoti. Non ultimo Umberto Federico, oggi sindaco, con larghissimi consensi, di Luzzi. Ciao Franco, ti ricorderemo sempre.
La forza devastante del pregiudizio
Splendido il film di Roman Polanski dedicato al caso Dreyfus che spaccò la Francia a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Costumi e scenografie storicamente ineccepibili e un ritmo incalzante e coinvolgente. Un capolavoro. Il film ci parla di qualcosa che avvelena il mondo ancora oggi, il veleno del pregiudizio e i suoi effetti devastanti quando questo diventa strumento del potere e della manipolazione mediatica. Il caso Dreyfus divise una Francia ossessionata dall’antigermanesimo e dall’antisemitismo dopo la sconfitta di Sedan. Dreyfus è risucchiato in un meccanismo incontrollabile nutrito da razzismo e teorie complottiste. Eppure, alla fine, nonostante tutto, vinse la giustizia che si nutre di un valore essenziale: l’onestà intellettuale. Per questo dobbiamo continuare a a definirci “dreyfusardi” e a non rinunciare mai a guardare alla verità oltre le apparenze.
9 novembre 1989, caduta del Muro di Berlino, ma la storia non finì…
Dell’amicizia
Tra le cose che considero fortunate c’è quella di avere avuto, nella miriade di frequentazioni che ho coltivato nella mia vita, alcune solide amicizie.
Non mi sono però mai illuso che quando tra due amici viene a cessare la condivisione di visioni comuni l’amicizia possa continuare. Può però permanere la stima delle persone, quella basata sul rispetto soprattutto di quello che si è stati, di quello in cui si è creduto e per cui si è lottato insieme.
Le uniche volte (poche, per fortuna) nelle quali ho davvero rotto con una persona che consideravo amica è stata quando ho percepito la rottura con ciò che ci aveva unito in passato, il suo rinnegamento. Non riesco a non pensare, in quel caso, di trovarmi di fronte ad una grande ipocrisia.
Le idee possono evolvere ma non si potrà mai sostenere oggi il contrario di ciò che si sosteneva ieri, perché o si mentiva allora o si mente adesso. Perché nessun bisogno, nessun risentimento per quanto giustificato possa essere può portare al tradimento di se stessi.
Ciascun del proprio cuor l’altrui misura…
È proprio vero: “Ciascun del proprio cuor l’altrui misura”. Troverete sempre qualcuno che rimprovera ad altri quello che non riesce a giustificare per se stesso. Cercando affannosamente negli altri il proprio ritratto, come Dorian Gray.
L’opportunismo incurante persino delle pernacchie
Capire bene il dolore per chi se ne va e per chi, disperato, resta
Chi è padre e madre comprende bene l’immenso dolore che oggi investe le famiglie di questi nostri quattro ragazzi. Comprende l’angoscia che in piccola parte sente ogni volta che non rispondete al telefono, nell’affanno di dirvi sempre “state attenti”, nel terrore latente che ci prende quando uscite e fate tardi. La vita che avete voi ragazzi è aperta ad un enorme futuro. Non potete, non dovete sprecarla. Un abbraccio forte a chi se ne è andato, bello e pieno di speranza, in una notte di autunno e a chi resta, nel pianto di un dolore che non sarà mai estinto…
Stato di diritto non Stato “etico”
Lo Stato democratico ha il dovere non solo di punire ma anche di recuperare alla vita civile i condannati. Scrissero questa norma della Costituzione persone che furono perseguitate e incarcerate ingiustamente da uno Stato che si inventò i Tribunali Speciali e dichiarava che la giustizia doveva rispondere ad un superiore principio “etico” che identificavano nella ideologia fascista. I padri costituenti ci ricordano che nello Stato democratico la giustizia deve perseguire i reati non le persone. Che non esiste lo Stato “etico” ma lo Stato di diritto. Ricordiamocelo in questi tempi bui. Anche quando discutiamo di persone che, per ideologie e distorte concezioni “etiche” presero le armi per uccidere innocenti servitori dello Stato. Lo Stato è sempre superiore, persino ai reati.
Basta con le ipocrisie e le invettive. Il PD deve essere altro o non sarà
Se c’è una cosa sulla quale dovremmo tutti riflettere non è tanto Renzi che se ne va ma cosa resta del PD. Perché la sua uscita toglie ogni scusa a chi rimane e oggi dirige il PD. Una riflessione vera è, a questo punto, ineludibile. La scissione di Renzi è solo l’ennesima manifestazione della crisi del PD come partito nato per unire le grandi culture riformiste italiane. Aver fatto il governo potrebbe essere una condizione importante ma non sufficiente per rilanciare non solo il Paese ma anche una forza di centrosinistra moderna. Perché un conto è fare il governo con i 5 stelle e favorire la loro fuoriuscita dalla dimensione massimal-qualunquista che li ha portati ad essere la prima forza nel 2018, un conto, invece, è porsi in maniera subalterna al loro giustizialismo antipolitico, fino addirittura a prefigurare nelle regioni alleanze civiche non solo senza simboli ma anche senza politica, magari cercando, come in Calabria, di riesumare candidati in servizio permanente effettivo già bocciati in altre stagioni dagli elettori pur di risolvere qualche conflitto locale interno nel gioco asfittico delle correnti romane. Il PD oggi è popolato da correnti protese solo al posizionamento interno. Un gruppo dirigente degno di questo nome dovrebbe chiudere con la stagione delle giaculatorie e delle invettive e avviare un serio dibattito sul che cosa deve essere il PD, se deve continuare ad esistere in questa forma o fare altro, ma soprattutto se vuole restare nel solco della sinistra moderna e riformista (che è anche laica e protesa alla difesa dello Stato di diritto e delle garanzie individuali e sociali) o chiudersi in una dimensione sempre oscillante tra il governismo a tutti i costi e la testimonianza subalterna. Essere di sinistra, infatti, non può essere una enunciazione di principio ma la fatica quotidiana della rappresentanza di interessi sociali diffusi e sempre più complessi. Il governo per la sinistra o serve al cambiamento o non serve. Si faccia un congresso straordinario. Per discutere di idee e proposte. Mettiamoci alle spalle vent’anni di confronti nominalistici. Facciamolo se vogliamo essere utili non solo a noi stessi ma al Paese.
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