Gabriele Petrone

L’insostenibile mancanza di decenza non è colpa del Web.

Il borghese piccolo piccolo

Alcuni anni fa il grande Alberto Sordi impersonava con i suoi film i vizi e i difetti dell’italiano medio, del borghese piccolo piccolo all’occorrenza massone e assassino giustiziere, dell’ipocrita difensore del matrimonio contro il divorzio e impenitente concubino e puttaniere, del medico della mutua disonesto, del trafficante d’armi cinico e ossessionato dalla sua famiglia vorace consumatrice di beni…Nei film di Sordi emergeva amara la rappresentazione di una Italia ubriacata dal boom economico, percorsa da egoismi sociali ma che, tutto sommato, poteva invocare la circostanza attenuante di un Paese che, mettendo ala berlina i propri difetti e ridendone, riusciva a conservare un minimo di coscienza di sé. Insomma, dei personaggi di Sordi si rideva e ci si vergognava un po’ e a nessuno veniva in mente di assumerli come modelli.

Negli ultimi vent’anni il discorso pubblico è andato invece degradando sempre di più e ad esso, rinunciando ad ogni seria analisi sociale e di sistema, si è contrapposto un moralismo becero e ancora più ipocrita nel suo individualismo. Come sorprendersi delle emerite stronzate scritte sul Web se a rilanciarle ci si mette anche un uomo delle istituzioni, per quanto discutibile come Gasparri ? Il limite della decenza e del buon gusto è stato sfondato e nessuno ne prova vergogna. Questo è il vero problema, non il web che questo discorso pubblico semplicemente diffonde. Non percepiamo più il limite della decenza e non siamo neppure più in grado di ridere dei nostri difetti.

Un evento per ricordare Totonno Chiappetta

Totonno Chiappetta

Ad una settimana dalla scomparsa di Totonno Chiappetta vorrei lanciare una proposta a tutti coloro che gli hanno voluto bene e ne hanno apprezzato le qualità artistiche ed umane. Costruiamo un evento che possa metterne in evidenza il lascito artistico e culturale nella sua città, Cosenza. Perché il nutrimento degli artisti è l’applauso, quello dei comici, la risata. Faccio appello ai suoi colleghi artisti, registi, musicisti, attori, operatori culturali o semplici amici che ne hanno incrociato la vita per mettere in campo questo evento in un teatro cittadino o nella piazza che Totonno tanto amava. Perché gli applausi della sua città e della sua terra tornino a risuonare per ringraziare il nostro Jugale…Totonno se lo merita.

Chi è il mio prossimo

Strage di Peshawar

Quando si uccidono i bambini in una scuola dopo averli costretti ad assistere al supplizio dei loro insegnanti bruciati vivi, siamo oltre le barbarie. Non c’è ideologia, religione o motivazione che possa non dico giustificare ma quantomeno far capire. È come se il mondo precipitasse nel baratro più profondo della sua storia passata. Ecco perché non possiamo restare indifferenti, noi uomini che ancora crediamo nell’uomo e nella sua possibilità di futuro. E oggi dobbiamo stare tutti a piangere quei morti in quella scuola del Peshawar. Pur non avendo un grande senso religioso credo che sia questo il modo per poter rispondere alla domanda che fu rivolta a Gesù nella parabola del buon samaritano: chi è il mio prossimo ? Ebbene, oggi lo so con certezza chi è il mio prossimo.

Ciao Totonno

Ciao Amico mio

Caro Totonno,

te ne sei andato in questo giorno di dicembre e sono pieno di tristezza.

Mai avrei creduto di stare zitto parlando di te.

So solo che con te se ne va un pezzo di Cosenza, un pezzo della nostra vita, della mia vita.

Addio, amico mio…un grande abbraccio come i tanti che ci siamo dati quando ci incontravamo e ridevamo insieme.

 

L’antipolitica è sempre eversiva

Giorgio Napolitano

Lo dico subito: sono d’accordo con il Presidente Napolitano e, anzi, ritengo la sua presa di posizione anche moderata. L’antipolitica ha quasi sempre sbocchi eversivi o comunque si traduce in un degrado della qualità della vita democratica.

Un conto è contestare il politico o i singoli politici corrotti un conto è dire che, quasi lo avessero scritto nel DNA, tutti i politici sono per loro stessa natura dei corrotti. Infatti, quando si fanno generalizzazioni semplicistiche sulla “casta” alla fine, tranne pochi capri espiatori o, peggio, qualche innocente, i veri corrotti la fanno franca e addirittura hanno anche la faccia tosta di fare i moralisti e i capipopolo. La storia, alla quale non guardiamo mai per imparare, ci insegna come una società democratica senza politica semplicemente non ha senso. I grandi regimi totalitari sono nati dal rifiuto della politica preesistente e sulla base di grandi campagne di caudillos moralizzatori. Chi oggi difende e propina l’antipolitica o è un imbroglione demagogo o un povero illuso. Categorie entrambe assai pericolose, entrambe eversive. Perché bollando tutta la politica, senza distinzione, come monnezza, spesso, consapevolmente o inconsapevolmente si finiscono per buttare nel cassonetto anche le istituzioni democratiche e la libertà dei cittadini.

I servi che non servono più

Servi della gleba

Ci sono alcuni sedicenti commentatori di fatti politici che hanno la faccia rivolta all’indietro. Ma non è ignoranza la loro. È il lucido perseguimento di fini individuali e particolari che, di solito, prosperano nei conflitti. Non riescono ad accettare che la politica, quella vera e che guarda agli interessi collettivi, ad un certo momento compie delle scelte che sono di sistema. Invece di chiedersi, pur nella legittimità dei propri punti di vista, come affrontare il futuro e magari attrezzarsi per reggere la sfida, restano abbarbicati al ricordo del passato quando loro, che come oggi non rappresentavano nulla vivendo degli ossi che il padrone di turno gli gettava, credevano di avere un ruolo. Non si rendono conto che servi erano e servi sono restati. Con l’aggravante che nessuno è più disponibile a gettargli ossi nonostante continuino a scodinzolare nella speranza che qualcuno li noti. Invece di porsi il problema di come essere liberi davvero cercano disperatamente un padrone, vecchio o nuovo che sia. Perché non c’è peggior servo di quello che ancora non si rende conto di non servire più.

5Stelle e zuppe di latte

Zuppa di Latte

Lo spettacolo che stanno offrendo i 5 stelle in questi giorni, l’ossessione su espulsioni, fatture e scontrini, non mi sorprende. Mi sorprendono piuttosto i commenti dei cosiddetti “intellettuali” che fanno capire di essersi pentiti di aver dato credito alla “rivoluzione grillina”. Quello che costoro non riusciranno mai a capire che un movimento antipolitico ad un certo punto uno straccio di “politica” la deve pur proporre perché chi li vota non si accontenta dei vaffa e di qualche scontrino esibito sul web; e perché la politica è necessaria anche per organizzare una zuppa di latte con quattro biscotti.

Il nuovo film di Ermanno Olmi “torneranno i prati”.

torneranno i prati film

Ho visto il film di Ermanno Olmi “torneranno i prati” (il titolo è proprio così, tutto minuscolo). In un’ora e venti viene rappresentata la Grande Guerra nella sua realtà più cruda, come nelle poesie di Ungaretti o nel celebre romanzo di Remarque.

La guerra che non ha nulla di glorioso o di eroico: la morte, che viene dalla esplosione tecnologica del secolo, è quasi disumanizzata.

E’ una morte che vive nei silenzi, nei rumori di una vita stentata in cui la trincea è popolata di uomini ridotti ad ombre abbruttite che si illuminano solo con l’arrivo della posta e il desiderio continuo di tornare a casa.

Le voci dei tanti dialetti italiani è un’altra componente commovente di questo film straordinario. Un film che racconta bene a questa nostra generazione il dramma di una guerra lontana ma tanto vicina perché scolpita ancora nei nomi sui monumenti di tutte le piazze italiane davanti ai quali passiamo spesso distrattamente.

Forse a quei nomi dei nostri bisnonni oggi riusciremo a dare anche un volto grazie a “torneranno i prati”.

Le vittime elettorali degli etruschi

Alan Kadman

Ogni competizione elettorale ha pochi vincitori e molti sconfitti.

Alcuni, con spirito sportivo accettano il responso delle urne con un comprensibile deluso silenzio; altri purtroppo, non rinunciano alla dichiarazione pubblica, spesso rivolta contro misteriosi “apparati” autori di chissà quali trame ai danni del candidato buono (se stesso) e a favore di quello cattivo.

Troppo difficile accettare che c’è stato qualcuno che ha semplicemente preso più voti e interrogarsi sugli errori commessi in campagna elettorale e perché il proprio messaggio non è passato.

Poco conta, poi, che tra l’ultimo degli eletti e la nostra “vittima” ci siano migliaia e migliaia di voti, spesso più del doppio.

Cosa siano e da chi siano animati questi oscuri apparati nessuno lo sa. Le loro origini, secondo Adam Kadmon, affondano nella notte dei tempi, nelle misteriose sette etrusche. Sappiate, quindi che, se la prossima volta lo stesso candidato perderà di nuovo le elezioni sarà colpa degli etruschi.

Leggere l’astensionismo

Astensionismo

Sull’astensionismo che si è manifestato domenica scorsa credo che si debba rifuggire da analisi frettolose e superficiali.

Diciamo subito che in Italia l’astensionismo fa molto più notizia.

Nel nostro Paese, infatti, la partecipazione politica è sempre stata più alta sia rispetto al resto dell’Europa che degli USA.

Ma in quei paesi la politica è vissuta in genere con maggiore distacco senza che questo si traduca in forme di rifiuto delle istituzioni democratiche.

In Italia il calo progressivo dei votanti va avanti da più anni.

Domenica scorsa hanno inciso diversi fattori di carattere generale: il voto fuori da un turno nazionale e quindi scarsa attenzione dei media e la disaffezione verso la politica che viene percepita sempre più come incapace di risolvere i problemi della gente.

Accanto a questi ce ne sono di particolari, come il crollo del centrodestra e la stessa crisi dei M5S.
I loro elettori sono frastornati: i primi non ne possono più di una vicenda politica tutta avvitata attorno ai destini di Berlusconi i secondi sono delusi dalla assoluta inconcludenza di una forza politica che, pur avendo eletto 140 parlamentari, non riesce a cavare il classico ragno dal buco.

Questo dato ha pesato soprattutto in Calabria, dove la tradizione astensionista si è sommata alla debolezza della proposta politica del centrodestra e dei cinque stelle. Accanto a ciò un diffuso sentimento di sfiducia che ha accompagnato queste elezioni regionali non solo nei confronti della classe politica ma della stessa speranza che le istituzioni democratiche possano essere in grado di risolvere i problemi di questa terra. Un sentimento pericoloso, i cui esiti, comprendiamolo bene, non potranno certamente essere forieri di “magnifiche sorti e progressive”, ma di un ulteriore degrado della vita pubblica.

A questo pericolo dovrà dare una risposta la sinistra calabrese, oggi chiamata a responsabilità di governo.

Commenti

    Archivio