Perché la decisione della Consulta sul porcellum è ineccepibile

L'Ora della Calabria

Pubblicato su Portale de “L’Ora della Calabria” il 6 dicembre 2013

La decisione della Corte Costituzionale è assolutamente ineccepibile e non ci voleva uno scienziato del diritto per prevedere come sarebbe finita. Nei giorni scorsi torme di “costituzionalisti da bar dello sport” si sono prodigati nel tentativo di prefigurare scenari che in realtà corrispondevano solo alla volontà che nulla cambiasse. Ed in effetti il porcellum è stato, in questi anni, come quella donnaccia che tutti disprezzavano in pubblico di giorno e che di notte tutti andavano a trovare di nascosto.

Oggi, a mente fredda, si può valutare fino in fondo la portata della decisione della Corte cercando di rispondere ad alcune domande che pure emergono in queste ore e che tendono a ridurre la sentenza ad una dimensione politica che invece, oggettivamente, non ha.

Prima questione: il premio di maggioranza. Che un premio di maggioranza assegnato alla coalizione o lista che conseguiva la maggioranza relativa dei voti validi senza una soglia minima per potervi accedere fosse incostituzionale era ed è abbastanza evidente.

Un sistema simile poteva aver senso in un quadro politico almeno all’80% bipolare (ed è stato così fino al 2008) ma risulta assolutamente antidemocratico in una situazione nella quale le coalizioni sono più di due, come si è evidenziato in questa legislatura con tre coalizioni-liste che hanno preso ciascuno un terzo dei voti validi, più una quarta che ha preso un decimo ed il premio di maggioranza alla Camera è stato assegnato alla coalizione che ha prevalso sulle altre per appena 300mila voti. In buona sostanza prende il premio chi ha preso poco più di un terzo dei voti dei cittadini e il restante 70% rimane in minoranza pure essendo oltre la maggioranza assoluta. Si aggiunga poi che il premio di maggioranza su base regionale del Senato non ha dato in quella camera nessuna maggioranza ed ha determinato la condizione di stallo che ha portato alla situazione attuale. Neanche il primo governo Mussolini aveva avuto il coraggio di introdurre un premio di maggioranza così abnorme senza una soglia minima (fissata nel 1924 al 25 %).

Un premio di maggioranza ha senso e si motiva per una coalizione o una forza che abbia superato almeno il 40% dei voti validi, quindi una maggioranza relativa sufficientemente consistente per definire la volontà prevalente dell’elettorato, altrimenti lede il principio fondamentale secondo il quale in democrazia governa la maggioranza.

Seconda questione: le liste bloccate. Anche sulla incostituzionalità delle liste bloccate non possono esserci molti dubbi: gli art. 56 e 58 della Costituzione, infatti, stabiliscono chiaramente che deputati e senatori sono eletti a “suffragio universale e diretto”. Significa che è l’elettore che elegge direttamente il proprio rappresentante, se l’italiano non è un’opinione. Mi sapete dire, invece, in quale modo gli elettori potevano esercitare questo diritto costituzionale ? Con il porcellum, infatti, all’elettore era consentita soltanto la ratifica di una decisione presa a priori dal compilatore della lista che assegnava le posizioni “eleggibili”. Senza contare che, con il meccanismo delle diverse candidature in più circoscrizioni e le opzioni successive degli eletti, l’elettore non decideva neppure che quella lista, con quella composizione, fosse effettivamente quella eletta nella sua circoscrizione.

Le liste bloccate, d’altro canto è in contrasto anche con l’articolo 67 della Costituzione secondo il quale “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Come poteva esercitare questa funzione di rappresentanza e questa libertà di mandato il parlamentare la cui elezione non dipendeva dai cittadini-elettori ma dal compilatore della sua lista ?

Terza questione: il voto a maggioranza sulla norma delle liste bloccate. La Corte Costituzionale,  a quanto emerge sia dal comunicato finale che da successivi interventi di insigni costituzionalisti, non si è divisa sulla incostituzionalità delle liste bloccate che è invece altrettanto chiara come quella del premio di maggioranza, ma sulla opportunità di intervenire su un punto che, nei fatti, avrebbe dato alla Corte un potere “attivo e positivo” di intervento su una legge, potere che spetta esclusivamente al legislatore.

Per lo stesso motivo non poteva valere la tesi della cosiddetta “reviviscenza” della legge precedente, il cosiddetto mattarellum perché sulla questione la Corte si era già espressa dichiarando inammissibili i referendum di appena un anno e mezzo fa che avevano raccolto oltre un milione e mezzo di firme e che si ponevano appunto questo obiettivo.

Una consolidata giurisprudenza in materia elettorale, infatti,  nega la possibilità di abrogazioni totali e il ripristino di norme precedenti, poteri che appartengono soltanto, è bene ribadirlo, al legislatore. Gli interventi in materia elettorale di organi come la Corte Costituzionale (così come i referendum popolari abrogativi), possono riguardare singole parti, fermo restando che ciò che resta deve essere comunque una legge funzionante di cui il corpo elettorale possa servirsi in ogni momento. Nessuna democrazia può, infatti, restare anche un secondo senza una legge che regola l’elezione dei propri organi rappresentativi.

Alla fine, dunque, i Supremi Giudici sono pervenuti, sia pure a maggioranza, alla decisione che un intervento su questo punto avrebbe semplicemente ripristinato la vecchia norma, valida fino al ’94, della preferenza, una norma che, del resto, resta attiva ed operante in altri livelli istituzionali (Comuni, Regioni, elezioni per il Parlamento Europeo). Ciò che resta, in attesa della pubblicazione della sentenza fra qualche settimana, è, dunque, un sistema elettorale proporzionale puro con preferenza unica. Né più e né meno che la legge con la quale l’Italia ha votato dal 1946 al 1994.

Quarta questione. Gli effetti della sentenza. Dunque, se il porcellum è illegittimo sono anche illegittimi i parlamenti eletti dal 2006 ad oggi e tutte le leggi e provvedimenti emanati in questo periodo ? Assolutamente no e lo sa bene anche chi utilizza questo argomento in queste ore per bassa polemica politica. Come diceva giustamente Michele Ainis in un suo editoriale di poche ore prima della sentenza, se una legge vieta la fecondazione assistita dovremmo forse uccidere il bambino nato con l’applicazione di una legge dichiarata illegittima ?

La stessa Corte sottolinea, nello scarno comunicato di ieri, che il Parlamento può operare ed “approvare nuove leggi nel rispetto dei principi costituzionali”. Vuol dire che il Parlamento è assolutamente legittimato nelle sue funzioni costituzionali.

Quinta questione. Perché la Corte Costituzionale non è intervenuta prima ? Semplicemente perché non ne era stata investita. In Italia (come in altri paesi, del resto) la Corte interviene su ricorso di organi e non di comuni cittadini. E’ stata la tenacia di alcuni ricorrenti che sono arrivati sino in Cassazione (e poi quest’ultima ha “girato” il ricorso alla Corte Costituzionale) a portare a questa sentenza che è certamente storica. E dobbiamo tutti ringraziarli.

Conclusioni. La sentenza della Consulta è, dunque, assolutamente ineccepibile. Essa non si è assunta la responsabilità di “fare” una nuova legge né ha fatto rivivere una legge abrogata semplicemente perché non ne aveva il potere, potere che appartiene soltanto al legislatore. Si è limitata soltanto a cassare la legge esistente delle norme costituzionalmente illegittime. Ora spetta al legislatore ed alla politica fare una nuova legge elettorale che risponda ai principi fondamentali delle democrazie moderne: rappresentatività dei cittadini e dei territori e governabilità.

Resta solo l’amara considerazione che si è perso fin troppo tempo e il solco della politica rispetto al comune sentire dei cittadini si è ulteriormente approfondito.

Cosenza, li 5 dicembre 2013

Gabriele Petrone

 

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