banalità del male
La banalità della prepotenza mafiosa
Pubblicato su “Il Garantista” del 14 ottobre 2015
Ci sono due cose che mi sconvolgono nella ricostruzione che gli inquirenti hanno fatto del barbaro omicidio del piccolo Cocò, di suo nonno e della sua compagna.
La prima che il nonno, sapendo di essere sotto tiro, non esitasse ad usarli come scudi.
La seconda che i killer, con grande freddezza, non hanno esitato ad ucciderli lo stesso, puntando la pistola alla tempia del bambino e bruciando il tutto.
Non so spiegarmi quale livello di indifferenza abbia potuto generare una forma così drammatica di cinismo, di distacco da ogni forma di empatia umana.
Gratta gratta mafia e ‘ndrangheta, nel loro assurdo cinismo, sono soprattutto questo: assoluta indifferenza e banale pretesa di prepotenza. Altro che onore e rispetto.
LA MORTE DI GHEDDAFI…
La scena del dittatore ucciso, linciato, violato nella sua umanità nell’atto estremo della morte non è giustizia, è solo vendetta. Uccidere o processare il tiranno quando è ormai sconfitto e senza potere appare come un’operazione ipocrita e un tantino vigliacca, che serve a coprire silenzi e complicità precedenti, a mondare coscienze democratiche per troppo tempo distratte o con gli occhi chiusi di fronte all’assoluta banalità del male. Per questo gioire per la morte di Gheddafi mi sembra un atto barbaro così come barbari sono stati i comportamenti in vita di quell’uomo. Perché alla fine anche quel tiranno era soltanto un uomo, un altro terribile prodotto della crudeltà umana. E per la crudeltà umana vale solo la giustizia e, dopo la morte, solo la pietà.