collegio uninominale

Sulla legge elettorale evitiamo furbizie riproponendo le liste bloccate

Urna elettorale

La sentenza della Corte Costituzionale è chiara. Sono incostituzionali sia il premio di maggioranza che distorce il principio democratico per il quale è possibile trasformare “una formazione che ha conseguito una percentuale pur molto ridotta di suffragi in quella che raggiunge la maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea” , sia le liste bloccate che impediscono all’elettore di scegliere il proprio rappresentante.

“Non c’è”, infatti, (cito ancora testualmente la sentenza) “un modello di sistema elettorale imposto dalla Carta costituzionale, in quanto quest’ultima lascia alla discrezionalità del legislatore la scelta del sistema che ritenga più idoneo ed efficace in considerazione del contesto storico. Il sistema elettorale, tuttavia, pur costituendo espressione dell’ampia discrezionalità legislativa, non è esente da controllo, essendo sempre censurabile in sede di giudizio di costituzionalità quando risulti manifestamente irragionevole”.

Stando così le cose la Corte non poteva che limitarsi a cassare le parti della legge palesemente incostituzionali perché altrimenti si sarebbe appropriata di prerogative legislative che non le competono. Le leggi le fa il parlamento, che ne ha, come è stato ribadito ancora una volta dalla stessa Corte, la piena legittimità e, anzi, il dovere.

In questo contesto va anche lettala questione relativa alle liste bloccate perché con il “porcellum” veniva a verificarsi “la circostanza che alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione” mancasse “il sostegno della indicazione personale dei cittadini che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione. Simili condizioni di voto, che impongono al cittadino, scegliendo una lista, di scegliere in blocco anche tutti i numerosi candidati in essa elencati, che non ha avuto modo di conoscere e valutare e che sono automaticamente destinati, in ragione della posizione in lista, a diventare deputati o senatori, rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l’effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali)”.

In questa parte molti commentatori hanno voluto leggere un via libera a modelli elettorali di altri paesi, quello spagnolo e tedesco per intenderci, dove le liste bloccate esistono pur essendo molto corte (Spagna) e riferite a circoscrizioni assai piccole o limitate ad una parte degli eleggibili (Germania) essendo gli altri deputati eletti in collegi uninominali. In entrambi i casi i nomi dei candidati sono riportati sulla scheda.

Insomma, la tentazione che si possano riproporre, in forme più “potabili” le liste bloccate, cioè liste più corte ma pur sempre di nominati per essere espliciti, è assai forte. Ed è qui, che a mio parere i cittadini devono vigilare.

Perché se è vero che in Spagna e in Germania esistono liste bloccate è anche vero che in quei Paesi è cresciuta in questi anni l’insofferenza contro quelle leggi elettorali che non consentono il voto diretto al parlamentare da parte dell’elettore.

Non si comprende perché, dunque, dovremmo imitare sistemi elettorali che in quegli stessi paesi sono sottoposti a forti critiche e richieste di revisione. Senza contare che si trascura di dire che già nel sistema spagnolo, per quanto riguarda la parte elettiva del Senato (l’altra parte è delegata delle autonomie locali)  sono previste le preferenze. I senatori spagnoli, infatti, sono eletti con il meccanismo del voto limitato, vale a dire che gli elettori, se gli eleggibili in una circoscrizione sono, ad esempio, 4 ne possono votare fino ad un massimo di  tre.

Riproporre nella nuova legge elettorale le liste bloccate sarebbe dunque un errore che non farebbe che alimentare la contestazione antipolitica, perché farebbe rientrare dalla finestra ciò che si è cercato di cacciare via dalla porta, vale a dire un parlamento di “nominati”.

Ecco perché la nuova legge elettorale, anche (e io dico soprattutto) su questo punto non può permettersi furbizie che non farebbero che alimentare l’insofferenza dei cittadini.

Le uniche due forme nelle quali l’elettore può scegliere direttamente il proprio rappresentante sono la preferenza e il collegio uninominale. Personalmente preferisco la prima, soprattutto la doppia preferenza di genere che consente alle donne di poter concorrere alla pari degli uomini alla possibilità di essere elette. Ma le forme per garantire questo diritto di scelta degli elettori possono essere diverse, anche guardando all’Europa con occhi meno strabici di quanto spesso si fa (la non citazione del metodo di elezione del Senato spagnolo è, a mio parere, emblematica).

Le forze politiche in parlamento ne scelgano uno, ma decidano, perché fare una buona legge elettorale rappresenta un passo fondamentale anche se non sufficiente per dare finalmente un nuovo assetto alla democrazia italiana.

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