Didattica a Distanza
Come insegnante chiedo con forza: vaccinateci tutti, vaccinateci presto !
Articolo su “Il Casinistanews.net”
Tra difficoltà e ritardi l’Italia dovrebbe entrare nel vivo della campagna vaccinale nelle prossime settimane.
Non è questa la sede per discutere sulle ragioni che sono state alla base di queste difficoltà e di questi ritardi, certo è che dalla vaccinazione del numero più vasto di persone nel minore tempo possibile dipende la possibilità di ripresa economica, sociale e culturale dell’intero Paese.
Del resto non sfugge a nessuno che tra i vari paesi si sia, nei fatti, aperta una competizione per chi farà di più e prima nel mettere in sicurezza la propria popolazione e quindi riavviare le macchine delle proprie economie.
Come tutte le crisi, tuttavia, anche la pandemia presenta delle opportunità e non solo per la mobilitazione di risorse (in Europa il Recovery fund, ma politiche di investimenti che potremmo definire neokeynesiane sono state adottate in tutto il mondo) ma perché è possibile affrontare all’interno di una visione strategica questioni che erano state messe in secondo piano negli anni passati caratterizzati, invece, da politiche di austerità.
In questo contesto è del tutto evidente che la scuola e la formazione rivestono un ruolo decisivo per la “ricostruzione” che dovrà necessariamente avviarsi appena questa crisi sarà passata.
Non ritengo casuale che il nuovo Presidente del Consiglio, Mario Draghi, abbia posto proprio il tema della riapertura della scuola al centro delle dichiarazioni programmatiche del suo governo.
Purtroppo, però, non si può fare a meno di rilevare come continui a permanere un atteggiamento culturale che considera la scuola “un bene sacrificabile”: lo dimostra il fatto che il ricorso alla cosiddetta Didattica a Distanza sembra essere diventata la “scusa” per chiudere sempre e comunque le scuole, mentre è abbastanza facile trovare chi è disponibile a dare battaglia per tenere aperti i ristoranti. Con la differenza che mentre per un bar e un ristorante che rimane chiuso è comunque possibile “quantificare” sostegni o risarcimenti, per i giorni di scuola perduti e “surrogati” alla meno peggio con la didattica a distanza non esistono “ristori” che tengano.
In questo contesto la scelta di vaccinare prima possibile il personale della scuola (e io aggiungo anche gli studenti se non si vuole perdere un altro anno scolastico) è una scelta strategica.
Come insegnante chiedo con forza: vaccinateci subito, vaccinateci presto, perché se i medici salvaguardano il nostro presente difendendo oggi la nostra salute, gli insegnanti sono chiamati a mettere in sicurezza il futuro delle giovani generazioni e quindi il futuro di tutti noi.
La DAD è solo un surrogato di scuola…
Voglio dire una cosa ai tanti che mostrano di preferire la DAD per i propri figli (e magari nulla hanno da dire sul fatto che questi ragazzi bivacchino in gregge per strada e nelle piazze): la DAD sta alla scuola in presenza come il surrogato sta al caffè. Cerchiamo di essere tutti coscienti di questo, del danno culturale e sociale che si sta producendo sulle giovani generazioni. Per cui suggerirei su questi temi una minore superficialità e la presa di coscienza che tenere le scuole aperte è una priorità assoluta.
La scuola non è un servizio a domanda individuale…
Posso dire una cosa ? l L’ordinanza di Spirlì (e di altri Presidenti di Regione) sulla scuola è una sciocchezza indicibile. Invece di pensare ai trasporti, allo screening dei ragazzi e del personale scolastico (che sono dirette competenze regionali) si interviene sulla didattica che è competenza delle istituzioni scolastiche e della loro autonomia e dello Stato. La libertà di scelta è poi una aberrazione giuridica. La scuola è un diritto costituzionale e NON È UN SERVIZIO A DOMANDA INDIVIDUALE. Invece di sostenere la scuola in questo sforzo difficile si emettono ordinanze populiste e per lo più su Facebook e alle 17,30 di sabato. Giusto per creare ancora più confusione. Stendiamo un velo pietoso.
Riaprire la scuola responsabilità collettiva del Paese
Articolo su il casinistanews.net
Sulla riapertura della scuola si sta dicendo tanto, forse troppo. Del resto è del tutto naturale che su un tema che attiene praticamente alla vita quotidiana della società, si discuta e si senta la necessità di dire la propria. Personalmente credo che bisogna però orientare il dibattito su alcuni punti fermi, primo fra tutti che non ci si può permettere un lock down del futuro. La scuola, infatti, è l’incrocio delle molteplici domande che la società avanza su di sé e sulle sue prospettive di sviluppo. Senza scuola, quindi, una società semplicemente non ha futuro.
A tutto ciò si aggiunga la considerazione che con il Coronavirus dovremo probabilmente convivere per tempi medio lunghi.
Se si parte da questa consapevolezza il tema diventa non se ma come riaprire.
I mesi che abbiamo alle spalle, caratterizzati dalla cosiddetta didattica a distanza, che pure ha consentito di tamponare le falle in un momento di estrema emergenza sanitaria, hanno dimostrato, qualora ce ne fosse bisogno, come la scuola sia una parte essenziale del sistema-Paese e non ci si può permettere di tenerla chiusa oltre un certo limite. Bisogna dire che questa emergenza ha anche fatto giustizia su certe frettolose analisi che pure avevano fatto capolino nelle discussioni prima della pandemia, sulla “inutilità” della scuola tradizionale, sul predominio delle nuove tecnologie presupposto di una “spersonalizzazione” del processo educativo e, a cascata, sulla inutilità stessa della funzione docente e di tutto l’apparato didattico, tecnico e amministrativo che ruota attorno all’organizzazione scolastica.
Le illusioni descolarizzatrici sono miseramente crollate di fronte al fatto che (dati riferiti ai paesi OCSE) il 9% degli studenti di 15 anni non ha un posto tranquillo per studiare a casa, e solo circa la metà della stessa fascia di età è iscritta a scuole in cui è disponibile una piattaforma di supporto all’apprendimento online. Tralasciamo poi il problema di docenti che, per il 35% non hanno le competenze pedagogiche e tecniche necessarie per integrare la tecnologia digitale nell’istruzione, secondo i dirigenti scolastici.
Ma, in generale, abbiamo appreso tutti quello che noi operatori della scuola sapevamo già, e cioè che la scuola non è solo trasmissione di nozioni, ma anche, se non soprattutto, socializzazione di percorsi, esperienze, bisogni.
Abbiamo scoperto, inoltre, che un conto è smanettare su uno smartphone per sentire musica o stare in contatto con gli amici sui social, un conto è fare lezione, ascoltare, imparare, comunicare competenze.
La pandemia, dunque, ha portato al pettine i nodi di una necessaria modernizzazione del sistema che non è scontato si possa realizzare soltanto con l’acquisizione delle opportunità che offre l’innovazione digitale.
Se questo è il quadro, e tutti dobbiamo esserne consapevoli, riaprire diventa una necessità unita a quella di accelerare i processi di modernizzazione già in atto valorizzando le competenze esistenti e sviluppando nuove forme di insegnamento e di apprendimento. Dobbiamo tutti imparare ed essere disponibili a metterci in discussione, docenti, ragazzi, famiglie. Questo processo deve andare avanti, anzi, l’emergenza può rappresentare, da questo punto di vista, una opportunità per fare di più e più in fretta.
Riaprire, quindi, con responsabilità e sapendo che tutti dobbiamo essere disponibili ad assumerci un minimo di rischio. Perché di questo si tratta. Del resto se la sera i ragazzi escono per incontrarsi con i loro amici nei bar aperti e nei luoghi di ritrovo non si espongono forse ad un rischio calcolato ? E non mi pare che ciò stia suscitando grande scandalo, se consideriamo il fatto che gran parte dei contagi registrati nell’ultimo periodo riguardano ragazzi tornati da vacanze all’estero e dal contatto nei luoghi della movida. Ovviamente tutto ciò non deve diminuire ma anzi aumentare l’attenzione e la prudenza per fare delle scuole dei luoghi sicuri per studenti e personale.
Ben vengano, dunque, tutte le misure, sapendo che qualche contagio ci sarà comunque, che forse bisognerà isolare qualche focolaio, mandare in quarantena qualche ragazzo e qualche docente, magari chiudere qualche classe o qualche scuola. In quel caso si attiveranno didattica a distanza e altre misure, senza allarmismi e con, ripeto, responsabilità. Facendo di questa terribile crisi una occasione per mettere in campo, ancora una volta come nei mesi del lock down quella grande capacità di adattamento che il nostro popolo ha dimostrato, con gli occhi protesi al futuro dei nostri giovani e, quindi dell’intero Paese. Perché riaprire la scuola è certamente più importante di riaprire le discoteche.
Far ripartire la scuola è responsabilità del Paese per evitare un lockdown culturale
La scuola in emergenza e la sfida di un futuro che è già dentro di noi
(Pubblicato su “Il Quotidiano della Calabria” del 16 aprile 2020).
Intervengo volentieri nel dibattito suscitato sulle pagine de “Il Quotidiano” sui temi sollevati all’interno della scuola italiana a causa dell’emergenza corona virus, stimolato anche dall’intervento del mio “maestro ed autore”, il prof. Giuseppe Trebisacce, a cui mi lega una ultradecennale amicizia e frequentazione culturale.
Personalmente ritengo che, nonostante i limiti strutturali che proprio Trebisacce ricordava nel suo intervento, la scuola italiana stia, nel complesso, reagendo bene all’emergenza sanitaria.
In attesa di dati statistici completi sui quali svolgere un’analisi più approfondita credo si possa dire che i dirigenti scolastici, gli insegnanti, i ragazzi e le famiglie stanno fronteggiando con senso di responsabilità e abnegazione una situazione del tutto nuova e inattesa.
Il Governo e il Ministero hanno mobilitato risorse importanti: sono stati acquistati e distribuiti in comodato d’uso apparecchiature elettroniche agli studenti che ne erano sprovvisti, ci si è organizzati con piattaforme di videoconferenza per le lezioni e per lo svolgimento dei compiti, insegnanti e ragazzi si stanno “vedendo” attraverso gli schermi dei PC e degli smartphone, ecc..
Resta il problema della copertura della connessione che è essenzialmente un problema da “ultimo miglio” perché ormai quasi tutti i comuni italiani sono dotati di fibra e su cui molto si dovrà fare nei prossimi giorni.
Per certi versi, infatti, questa drammatica crisi ha posto più che mai all’ordine del giorno il tema del diritto ad INTERNET come una nuova frontiera della democrazia moderna.
Del resto occorre rendersi conto che la rivoluzione digitale, come quella della stampa nel XVI secolo, non ha prodotto soltanto una maggiore rapidità della comunicazione ma ha sollecitato nuove domande, ha prodotto nuovi contenuti, ha creato nuovi bisogni.
Come diceva il grande poeta tedesco Rainer Maria Rilke: “il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi, molto prima che accada”.
Ecco, io credo che nella scuola, forse più che nel resto della società, stia avvenendo proprio questo. L’innovazione, nonostante resistenze e ostilità, è penetrata profondamente.
Quando ho iniziato la mia carriera come insegnante, le domande erano cartacee, i computer a scuola erano merce ancora rara, un laboratorio era un avvenimento, le lavagne erano di ardesia e ci si sporcava le mani di gesso.
Oggi è cambiato tutto: se non ci fosse stata la spinta all’adeguamento tecnologico e professionale degli ultimi vent’anni non si sarebbe riusciti a mettere su, praticamente dal nulla e in pochissimo tempo, la didattica a distanza.
Insomma, sinceramente, non mi pare che su questo tema si possa essere del tutto insoddisfatti della reazione della nostra scuola.
Ovviamente restando consapevoli che nessuna didattica a distanza potrà mai compensare o sostituire quella in presenza. Su questo occorre essere chiari. Il processo di insegnamento ed apprendimento è strettamente legato a quello della socializzazione che ne è, in qualche modo, la componente fondamentale.
Per dirla banalmente si insegna e si apprende insieme, non individualmente dietro lo schermo di un PC o di uno smartphone ! A meno che non ci sia qualcuno in giro oggi disponibile a riprendere le radicali posizioni di Louis Althusser che indicava nella scuola uno degli apparati ideologici dello Stato, e quindi accarezzare l’idea di una società descolarizzata e di forme di autoeducazione individuale di massa mediate dalle eccezionali opportunità che offrono le nuove tecnologie !
La sfida, dunque, sta nel come incoraggiare, sostenere, spingere in avanti questo processo di innovazione attraverso una responsabilizzazione sempre più crescente degli insegnanti, delle famiglie, degli studenti. E non solo in tempi di emergenza ma sempre, anche nei tempi normali.
Ma la parte maggiore la devono fare soprattutto gli Stati, che devono abbandonare le politiche malthusiane cui accennava il prof. Trebisacce nel suo articolo.
Scuola e sanità sono i pilastri su cui si basa lo sviluppo stesso della democrazia. La drammatica crisi che stiamo vivendo ce lo sta letteralmente sbattendo in faccia.
Il nostro impegno sarà soprattutto quello di non farlo dimenticare dopo che tutto, speriamo presto, sarà finito.
Articolo in PDF
Il Quotidiano della Calabria 15 aprile 2020