Gabriele Petrone
Una vecchia foto…
Un ricordo di mio nonno Alfio (di Francesco Petrone, mio fratello)
Mio nonno materno, Alfio, da Paternò, pur trapiantato a Cosangeles poco meno che trentino (come direbbe Camilleri) conservava questa abitudine di “dare i morti”, come diceva lui a noi nipoti. Ricordo che, bambini, ci metteva in fila e ci regalava una banconota (la ricordate?) da 500 lire ciascuno, che era allora per noi un piccolo tesoro.
Ci si poteva comprare un albo di Topolino, le figurine per l’album dei calciatori o di goldrake e spararne il resto da Ciccio.
Questi era un ambulante, già vecchissimo allora per noi bambini che trasportava a mano (da davanti alla scuola ai giardinetti nei giorni feriali, al piazzale della chiesa alla domenica) un enorme carretto letteralmente ricoperto di ogni cosa potesse attrarre i bambini: da giocattoli di ogni tipo a caramelle e gomme da masticare, sino alle radici di liquirizia da succhiare, e soprattutto le “bombette”.
Erano dei minuscoli petardi a forma di candelotti di dinamite, di carta colorata muniti di miccia con all’interno un piccolo quantitativo di polvere pirica. Si potevano così usare da soli o a gruppi legati insieme con il filo per cucire, per “minare” tutto ciò che piacesse.
Con il resto del Topolino dunque si potevano comprare da Ciccio due gomme a forma di sigaretta, qualche decina di bombette e magari rischiare di vincere qualche altro giocattolo a quella che lui chiamava “a pisca” (ovvero la pesca), estraendo a caso dopo averne comprato il diritto per 50 lire, uno dei rotolini di carta a forma di mini papiro che in numero di alcune decine teneva infissi in una tavoletta di legno con tanti buchi. Dentro potevi leggere se avevi vinto e cosa.
Inclusione scelta decisiva per Cosenza e per il Paese
Congresso del Primo Circolo “Centro Storico e Frazioni” di Cosenza.
Ampia e attiva è stata la partecipazione degli iscritti e di simpatizzanti nel Centro AUSER CGIL dello Spirito Santo a Cosenza, al Congresso del I Circolo PD “Centro Storico e Frazioni”.
Il congresso è stato introdotto da una relazione del segretario Gabriele Petrone, la candidatura di Luigi Guglielmelli è stata presentata dal capogruppo PD al Comune di Cosenza Damiano Covelli, e ha visto numerosi interventi, tra cui la commovente testimonianza sul dramma dell’immigrazione di Lamine, giovane senegalese ospite del CAS di Carolei.
Le conclusioni sono state tenute dalla deputata Enza Bruno Bossio, della Direzione Nazionale del PD.
“Oggi svolgiamo il nostro congresso – ha detto tra l’altro Gabriele Petrone – sotto il segno dell’inclusione. Perché l’inclusione è l’unica scelta possibile per garantire un futuro alla nostra società. Ciò è vero soprattutto a Cosenza, dove l’inclusione è praticamente sparita, come dimostra quella che è la più grande tragedia della storia recente di Cosenza, il rogo di Corso Telesio, sul quale non può e non deve calare il silenzio. La disperazione e l’emarginazione sociale la fanno ormai da padrone, a meno che non si intenda per inclusione l’aver consentito la riapertura nel Centro Storico di Cosenza dei “bassi”, dove oggi vive una umanità non solo disperata ma soprattutto sconosciuta, perché di essa il Comune non ha svolto neppure un censimento. Per cui, se si dovessero ripetere le tragedie di crolli e incendi a cui stiamo assistendo in questi mesi non sapremmo neppure chi è vivo e chi è morto”.
Nel suo intervento il capogruppo del PD in Consiglio Comunale Damiano Covelli ha affermato “per noi la priorità non è il destino di Occhiuto ma il destino della città. Con la realizzazione della Metro, del nuovo Ospedale, della Cittadella della Salute nel sito dell’”Annunziata” stiamo disegnando il futuro strategico non solo di Cosenza ma di una area vasta che va dalla Valle del Savuto fino a quella del Crati e si proietta verso la piana di Sibari”.
Al termine delle operazioni di voto il risultato è stato il seguente: Luigi Guglielmelli 387, Angela Donato 2, bianche 3.
RASSEGNA STAMPA
Il Quotidiano del 23 ottobre 2017
Rosario Villari, maestro di storia d’Italia e d’Europa
Un ricordo di coerenza e coraggio.
La pura arroganza
C’è qualcosa di davvero insopportabile in questa vicenda di Cesare Battisti: la sua arroganza. Che costui non sia affatto un perseguitato della giustizia italiana (verso la quale, personalmente, ho un giudizio, per usare un eufemismo, assai articolato) lo dicono i fatti, le sentenze passate in giudicato per omicidi che di politico non avevano nulla. Cesare Battisti non è uno Scalzone, un Moretti, un Curcio o una Faranda, personaggi discutibili per gli atti terribili compiuti ma comunque dotati di una certa “dignità”. Battisti è un delinquente comune che negli anni di piombo ammantò di una patina politica le sue azioni ai danni di poveri cristi. Un uomo dotato di una certa capacità di fascinazione che ha preso per il culo intellettuali della gauche francese e veri combattenti durante una feroce dittatura come Lula e la Rousseff. Il suo brindisi e il suo sorriso suonano come un insulto non solo per i familiari delle sue vittime ma anche per quanti, in questi anni, dopo l’esperienza drammatica del terrorismo, si sono assunti le loro responsabilità politiche e affrontato le conseguenze giudiziarie delle loro azioni. Battisti è solo pura arroganza e solo per questo merita la galera (pur essendo io tra quelli che difficilmente la augura a qualcuno), dove spero possa andare al più presto.
Catalogna
Quanto sta accadendo in Catalogna è il frutto di gravissimi errori commessi sia dal governo di centrodestra di Madrid sia da parte della Generalitat di Barcellona.
La destra spagnola, anche dopo l’affermazione della democrazia seguita agli anni bui del franchismo, ha sempre osteggiato le spinte autonomiste delle diverse parti della Spagna, Paesi Baschi e Catalogna innanzitutto.
Diciamo che la destra spagnola ha fatto della lotta all’autonomismo, che è il frutto del pluralismo etnico, linguistico e culturale che ha sempre caratterizzato la penisola iberica, un tratto identitario.
Al contrario la sinistra spagnola, sia quella socialista che di origine comunista, pur essendo anch’esse centraliste, hanno sempre avuto una visione favorevole al riconoscimento di questa diversità e alla concessione di ampi spazi di autonomia.
Non è un caso che catalani e baschi, pur essendo ostili al centralismo madrileno, si schierarono compattamente a difesa della Repubblica Spagnola nella guerra civile contro i “nacionales” di Franco nel 1936-1939 e rimasero all’opposizione della dittatura con molti perseguitati e vittime. Addirittura il nazionalismo basco continuò con azioni terroristiche anche nei primi decenni dopo il ritorno della democrazia. Continua a leggere
Non dimenticare le vittime del rogo di Corso Telesio
Questa sera ho ascoltato l’omelia di Mons. Nolè in suffragio delle tre vittime del rogo di corso Telesio. Devo dire, da laico, che il Vescovo ha saputo trovare le parole giuste su quella che rappresenta una delle più terribili tragedie della recente storia di Cosenza. Un richiamo alla responsabilità collettiva verso il grande pianeta del disagio sociale e non solo in questa città. Un richiamo ad essere comunità affinché nel futuro non si debbano piangere altri morti. Per quanto mi riguarda aggiungo soltanto che non dimenticare quanto è accaduto in quel drammatico pomeriggio del 18 agosto e sostenere chi è chiamato ad accertare responsabilità dirette e indirette devono costituire il primo dovere di ogni cittadino di questa comunità.
Perché comunismo e fascismo non sono la stessa cosa
Mettere sullo stesso piano comunismo e fascismo è una sciocchezza storiografica grande quanto una casa. Non l’hanno mai fatto neppure gli storici più conservatori e teneri con il fascismo, soprattutto in Italia. Perché mentre il fascismo basava la sua ideologia su una concezione gerarchica e al massimo corporativa della società e negava alle radici i principi di libertà ed eguaglianza che sono alla base della democrazia moderna, il comunismo nasceva con l’intento di affermare la liberazione totale dell’uomo dalla più profonda delle diseguaglianze, quella economica. Si può tranquillamente affermare che gli esiti delle grandi ideologie del Novecento furono entrambi tragici. Ma le premesse erano opposte. Io aggiungo che, per quanto riguarda il comunismo che si è storicamente realizzato le colpe furono anche maggiori, perché ha tradito quella grande speranza di liberazione che ha guidato le masse di tutto il mondo. Ed è stata la consapevolezza di quel tradimento a guidare i processi di trasformazione della maggioranza della sinistra in Italia e nel mondo. Ma la differenza, se non vogliamo dire cretinate, c’è e resta profonda.
Addio bel figlio della commedia italiana…
In ricordo di Gastone Moschin
“Bella figlia dell’amore,
Schiavo son dei vezzi tuoi,
Con un detto, un detto sol tu puoi
Le mie pene, le mie pene consolar…”.
Addio al Melandri, addio al grande Gastone Moschin, ultimo dei grandi della commedia all’italiana, una cosa seria e colta, capace di citare il “Rigoletto” di Verdi e farlo capire a tutti…
Oggi ? Lasciamo perdere…