Gabriele Petrone
26 marzo 1893 nasceva Palmiro Togliatti
Cosa significa “primato della politica”.
“L’elemento popolare “sente”, ma non sempre comprende o sa; l’elemento intellettuale “sa”, ma non sempre comprende e specialmente “sente”. È dunque necessario evitare due estremi: “la pedanteria e il filisteismo da una parte e la passione cieca e il settarismo dall’altra”. Pertanto “l’errore dell’intellettuale consiste nel credere che si possa sapere senza comprendere e specialmente senza sentire ed esser appassionato”.
Come se “l’intellettuale possa essere tale (e non un puro pedante) se distinto e staccato dal popolo-nazione, cioè senza sentire le passioni elementari del popolo”.
(Antonio Gramsci, “Quaderni del carcere”).
Questa citazione si trova nelle tesi che sostengono la mozione Renzi-Martina al congresso del PD.
Qui sta il senso stesso della affermazione “primato della politica” per un partito riformista che vuole affrontare i problemi del tempo presente.
Non è affatto facile, ma dobbiamo riuscirci.
La vera natura del Movimento 5 Stelle
C’è una cosa che molti, per sciatteria, per sciocco idelogismo o per becero opportunismo fanno finta di non vedere: la vera natura dei 5 stelle.
Se il PD, dopo aver fatto celebrare le primarie in un qualunque comune dello Stivale, avesse negato il simbolo al vincente per darlo al perdente, avrebbe avuto le Federazioni occupate da militanti incazzati e il linciaggio mediatico di tutti, giornali, TV, Rete, talk show, ecc.
Grillo, tranne qualche rara eccezione, non solo non subisce il linciaggio mediatico ma viene allisciato e blandito, la protesta dei suoi militanti viene derubricata a semplice protesta sulla rete, quindi nemmeno fisica.
Se un qualunque sindaco del PD avesse operato come i neanche sei mesi della Raggi a Roma vedremmo innalzare le forche in Campidoglio. Continua a leggere
Un regalo dei miei figli
Festa del papà: Auguri a mio padre e alla sua generazione
Voglio fare gli auguri a mio padre Umberto. E ringraziarlo per tutto quello che è stato e continua ad essere per me. Sai papà, oggi che hai 87 anni continui a rappresentare per me e per i miei fratelli quell’etica della responsabilità (che spesso è anche etica del sacrificio) che ha fatto grande questa città e questa nostra Italia. Oggi il tuo mondo sta sparendo, prima che anagraficamente, nella coscienza civile del nostro popolo. E sento tutta la responsabilità sulle mie spalle di fermare questo declino che non è inarrestabile ma solo il frutto della nostra distrazione, del nostro benaltrismo. Come se il benessere che la tua generazione ci ha consegnato fosse caduto dal cielo e non fosse altro che un magnifico dono di tanti come te. La tua Italia ha conosciuto dittatura e guerra eppure ce l’ha fatta. Dobbiamo farcela anche noi, non solo per onorarvi ed essere all’altezza del dono che ci avete fatto ma per i nostri figli.
Auguri a tutti i papà
Si è spento Francesco Guccione…
Si è spento poche ore fa Francesco Guccione, papà di Carlo Guccione.
Lo ricordo come persona di profonde convinzioni politiche come il Molotov della matita di Sergio Staino. Ferroviere e comunista, era stimato da tutti.
Lui ed Anna Lucente hanno formato una coppia solida per anni pur nella diversità profonda di caratteri, introverso e chiuso quello di Francesco, estroverso e aperto quello di Anna, fino a caratterizzare persino il quartiere di Serraspiga dove sono vissuti.
Di Francesco si ricorderanno momenti intensi di passione politica, come quando votava in sezione le mozioni contrarie a quelle sostenute dai figli o prestava ai compagni la sua Skoda per l’attacchinaggio dei manifesti. La morte di Anna lo aveva lasciato attonito. Da anni conduceva vita ritirata aggravata dalla malattia.
Ciao Francesco, e quando arrivi salutaci Anna..
Il paradosso #Brexit
Non si torna indietro…
Quando dieci anni fa nacque il PD appartenevo alla schiera dei convinti non entusiasti. Mentre a 19 anni, quando presi la prima tessera del PCI da iscritto alla FGCI, sentivo di fare una scelta di vita e la facevo con la gioia del ragazzo che voleva cambiare l’Italia e il mondo, le successive trasformazioni del partito a cui avevo dedicato la mia vita le ho vissute come scelte politiche che mi consentivano di tenere aperto quell’orizzonte su un terreno nuovo. Vissi anche il PD così, con la consapevolezza che sceglievo la strada difficile ma affascinante dell’unità delle culture democratiche di questo Paese con tutto ciò che comportava in termini non di rinuncia ma di investimento della propria identità in un progetto lungo che era quello della conquista del governo per operare il vero cambiamento e non limitarsi alla sua sola enunciazione. In una parola il riformismo.
Mi convinsero i dirigenti politici ai quali mi sentivo più vicino, in primo luogo D’Alema, anche se mi ha sempre infastidito l’appellativo dalemiano, così come nel PCI contestavo l’appellativo di ingraiano. Trovavo e trovo detestabile definirsi col cognome di un leader, per quanto autorevole esso possa essere. Mi è sempre sembrato un atteggiamento da correntismo provinciale, da intruppamento pecorone. Continua a leggere