Gabriele Petrone

La paura del popolo caprone dei soliti gattopardi.

caprone

La democrazia moderna è nata quando si disse al popolo: ora puoi scegliere.

Ovviamente agli inizi si pensava che il popolo fosse solo quello composto dai possidenti, perché, si diceva, solo chi ha da perdere e guadagnare può davvero decidere delle sorti dello Stato.

Spaventava, insomma, l’idea che il popolo caprone, analfabeta ed ignorante, potesse scegliere davvero.

Le prime leggi elettorali furono, quindi, censitarie: poteva votare soltanto chi pagava le tasse.

Questo criterio superava persino quello della capacità, per cui se il ricco era ignorante come una capra e analfabeta (fatto non raro a quei tempi) poteva votare lo stesso. I suoi saperi erano meno importanti dei suoi averi.

Decenni e decenni di battaglie democratiche hanno poi progressivamente affermato l’allargamento del diritto di voto fino all’affermazione del suffragio universale prima solo maschile, poi anche femminile. Fu un fenomeno mondiale e con il suffragio universale nacquero anche i grandi partiti di massa.

Ma la paura del popolo caprone è rimasta comunque, arrivando fino ai giorni nostri.

Certo oggi nessuno ha la faccia di proporre una legge elettorale censitaria, anche se non ci giurerei sopra.

Prevale, in tanti e trasversalmente, una sostanziale avversione alla decisioni frutto della reale volontà popolare. E’ anzi diffusa la convinzione che solo pochi siano davvero quelli in grado di scegliere. Al popolo, al massimo, spetta la ratifica della scelta

Se ci riflettete bene questa paura sottende tanto della politica di oggi.

Così quando si tratta di eleggere i deputati e i senatori non si può prescindere dalle liste bloccate, quando si parla di primarie si dice si, ma chi vince lo decidiamo prima a tavolino.

Costoro hanno una concezione della democrazia per cui si decide solo “colà dove si puote”, con la differenza che non sono padreterni, anzi.

Sono come quei vecchi feudatari la cui autorità derivava da titoli e possessi, che si riprodussero, come il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, sotto forma di deputati e senatori nei primi parlamenti italiani.

Oggi i loro epigoni li ritroviamo dappertutto anche nel campo cosiddetto progressista a propugnare la solita solfa: tu, caro popolo sei troppo caprone per poter scegliere, lascia fare a noi. Ma il popolo caprone, tutt’altro che mansueto, una bella cornata prima o poi, finisce per dargliela “laggiù ove si puote…e si deve”.

Esame di maturità: niente panico ragazzi !!!

Maturità-2012-01

Anche domani esami di stato.

Rivedremo le scene di sempre, ragazze e ragazzi tesi nelle loro t-shirt e nei loro jeans, con le bottigliette d’acqua e le merende amorevolmente preparate dai loro genitori che presenzieranno davanti ai cancelli delle scuole in trepida attesa alla ricerca di un angolo d’ombra in attesa non si sa di che cosa.

Anche domani ci sarà il solito rito collettivo della ricerca del testo della prova, l’interrogarsi senza speranza sul modo come far arrivare o recuperare la “copia”, questa volta sotto forma da file da scaricare sullo smartphone…insomma dalla cartuccera ai PDF.

La tecnologia ha almeno alleviato le sofferenze dei poveri bidelli sottoposti a vere proprie torture ed a tentativi di corruzione che per tre giorni li facevano diventare più importanti di un ministro.

Scherzi a parte ci ritroveremo davanti uno scenario antico in cui si riproducono vecchi riti che ormai fanno parte del folklore e che in genere trascurano la circostanza che anche copiare è difficile e se uno è ciuccio non riuscirà a fare nemmeno quello.

Per questo ai ragazzi dico: domani niente panico.

Leggete bene le tracce e spremete le meningi costruendo scalette per ordinare logicamente il discorso.

Se scegliete l’articolo, il saggio breve o il tema cercate di evitare sia la ricerca dell’originalità a tutti i costi sia le banalità.

Insomma cercate di usare il cervello e di andare oltre le letture superficiali (si chiama lettura critica).

Una regola che dovrete seguire sempre e che nel nostro Belpaese sono in troppi a trascurare.

Siate dunque più maturi di tanti adulti.

Vedrete che andrà bene e come tutti noi ricorderete l’esame di stato come un momento importante ma alla fine non traumatico della vostra vita.

FESTA DELLA REPUBBLICA.

2-giugno

Principii fondamentali
“Il regime democratico ha per regola l’eguaglianza, la libertà, la fraternità. non riconosce titoli di nobiltà, né privilegi di nascita o casta.
La repubblica colle leggi e colle istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini”. (…).
Dalla “COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ROMANA” (1849)

Perché il “grillismo” non può non finire a destra.

Grillo Nigel Farage

Si fa un gran parlare degli approcci europei di Beppe Grillo con il movimento ultraconservatore e xenofobo di Nigel Farage, UKIP.

La cosa potrà fare inorridire tanti intellettuali che, a partire dal successo dello scorso anno, si sono dilungati in ardite disquisizioni politico-sociologiche sulla natura “rivoluzionaria” del Movimento 5 Stelle.

Il fascino che massimalismo, radicalismo e rivoluzionarismo hanno sempre avuto su alcuni settori dell’intellighentzia italiana (e non solo) non è nuovo, ed è frutto di una forte carenza di analisi sia dei contenuti del messaggio politico del cosiddetto “grillismo” sia della concreta valutazione degli interessi sociali che qualsiasi formazione politica, anche quella più fortemente antisistema, si pone l’obiettivo di rappresentare.

Ora non c’è dubbio che il Movimento 5 Stelle è un movimento tipicamente, autenticamente e coerentemente antipolitico.

Esso è riuscito a raccogliere una vasta area di consenso assolutamente trasversale nel quadro di una profonda crisi del nostro sistema politico raccogliendo in un unico contenitore assolutamente trasversale tutte le proteste, le insoddisfazioni, la rabbia sociale che è cresciuta e maturata nella società italiana soprattutto in ragione della crisi economica.

E’ vero anche che il M5S ha mutuato un linguaggio politico semplificato ma sostanzialmente condizionato dall’influenza culturale della cosiddetta sinistra movimentista, che ne costituisce anche la parte fondamentale della sua struttura “militante”.

Un linguaggio politico in cui tradizionalmente prevale la propensione protestataria su quella propositiva e programmatica, l’oltranzismo delle posizioni, il manicheismo condito da robuste dosi di moralismo giustizialista e il rifiuto di ogni compromesso considerato di per sé come l’anticamera della degenerazione.

Le forze antipolitiche ed antisistema possono nascere indifferentemente sia a destra che a sinistra dello schieramento politico ma è soprattutto a destra che riescono ad assumere dimensioni di massa.

Non è un fatto nuovo, anzi. Il linguaggio ed i contenuti politici del fascismo, ad esempio, nacquero e si svilupparono all’interno dell’ala più massimalista, radicale e movimentista del socialismo italiano (Mussolini stesso), del sindacalismo rivoluzionario (Michele Bianchi), del repubblicanesimo-garibaldino (al quale aderì un giovanissimo Italo Balbo) ed in generale nell’humus politico-culturale di quel complesso fronte che agli inizi del ‘900 si definiva anti-borghese e anti-giolittiano (oggi diremmo anti-casta) che si ritroverà in forme diverse nel cosiddetto “interventismo” al momento dello scoppio della Grande Guerra. Lo stesso termine “fascismo”, del resto, non aveva, agli inizi, connotazioni di destra ma in qualche modo era legato alla tradizione associativa del movimento socialista.

Ovviamente è del tutto evidente che il Movimento 5 Stelle è cosa assai diversa del fascismo delle origini e ancora oggi è difficile collocarlo precisamente all’interno delle tradizionali famiglie politiche.

Ma è altrettanto evidente che, con la crisi del populismo di massa incarnato in questi anni da Berlusconi e dal suo alleato leghista gli spazi politici si aprono soprattutto a destra.

L’ultima campagna elettorale di Grillo e Casaleggio, al netto del richiamo ad un Berlinguer completamente depoliticizzato ed assunto ad icona di un moralismo giustizialista e rancoroso, ha cercato di toccare proprio le corde di quell’elettorato che nella polemica anti-casta ha ormai messo anche e per intero le istituzioni democratiche.

Un elettorato che in tutto il mondo, ed anche in Italia, ha sempre votato per le forze conservatrici, populiste e reazionarie.

E’ in quell’area politica che, inevitabilmente, è destinato a finire il grillismo, con buona pace dei Dario Fo di turno.

 

 

 

 

La sconfitta di Grillo

La Caduta

Si dovevano mangiare il mondo…avevano promesso pubblici processi per i nemici del popolo, con loro sarebbe arrivata la palingenesi, la purificazione, loro unici puri e gli altri tutti pattume indifferenziato, per mesi hanno insultato sul web, per strada, nelle e contro le istituzioni. Ora tacciono e dicono che parlano domani. Qualcun altro di fronte al 41 per cento parla di nuova DC e si arrampica sugli specchi di politicismi sconclusionati come tal livido Travaglio o certi radical chic con il porche parcheggiato sotto casa. Noi diciamo loro di non preoccuparsi, il nostro impegno per salvare l’Italia vale per tutti, anche per loro. Domani è un altro giorno.

L’antica civiltà italica degli Enotri e la vicenda storica di Sibari

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Convegno sugli Enotri e la civiltà di Sibari all’IIS Pisani di Paola.

Le relazioni sulle antiche civiltà italiche e magnogreche sono state tenute dal Dirigente Scolastico Prof. Tullio Masneri e dal prof. Luigi Gallo.

A me è toccato l’onere di introdurre e moderare l’incontro.

Iniziativa sugli enotri

Gli Enotri erano una popolazione dall’origine misteriosa almeno quanto gli Etruschi.

Secondo alcuni erano autoctoni, secondo altri provenivano dall’ Arcadia, regione della Grecia.

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Il significato del loro nome, probabilmente, è “coltivatori della vite”. Purtroppo su di loro si sa poco, quello che ci hanno tramandato i Greci, che chiamarono Italia la Calabria proprio dal nome di un mitico re enotrio, Italo.

Pochi lo sanno, e soprattutto i calabresi non ne hanno sufficiente orgoglio, che il nome Italia fu quello attribuito in origine alla Calabria.

Praticamente fu la Calabria a dare il nome all’Italia, con buona pace, hanno rilevato i relatori, di tanta retorica antimeridionale.

Ripercorrere le vicende storiche di una antica popolazione italica, del loro rapporto con i successivi colonizzatori greci, della vicenda complessa ed interessante della antica città di Sibari che estese la sua egemonia su tutta la Calabria settentrionale e la Lucania è stata, dunque, una occasione di  recupero identitario che è riuscita a suscitare l’interesse degli studenti.

Lo studio della storia ha senso se non si limita alla ricerca di anticaglie e di curiosità ma se è in grado di suscitare domande sulle ragioni stesse della nostra esistenza oggi.

Gli alunni dell’IIS “Pisani” hanno avuto modo di conoscere quanto delle antiche tradizioni italiche e greche sono sopravvissute fino ai giorni nostri nella cultura popolare e nel linguaggio.

Hanno percorso le strade dei ritrovamenti archeologici ed a comprendere di quanta storia sono intrisi i nostri territori.

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 LA RELAZIONE DI MASNERI

Relazione prof. Tullio Masneri

A Paola per parlare degli Enotri, quando la Calabria diede il nome all’Italia

Iniziativa sugli enotri

Giovedì 15 maggio alle ore 9,30 presso l’IIS “T. Pisani” di Paola seminario su “La civiltà degli Enotri e dei Greci” con Tullio Masneri, Dirigente scolastico che terrà una relazione su “Incontro/scontro tra popolazioni enotrie e coloni greci all’alba della Magna Grecia”, il prof. Luigi Gallo che parlerà su “Greci Italioti e Bruzi circa gli aspetti civili che ancora oggi viviamo”.

A fare gli onori di casa Sandra Grossi, Dirigente scolastico dell’IIS “Pisani”.

L’insostenibile voglia di test

Test

Da almeno un ventennio in Italia abbiamo importato la moda dei test o questionari. Si fa un questionario per tutto: per accedere ad un concorso, per iscriversi all’università, per valutare le capacità di leggere, scrivere e far di conto, perfino per fare la spesa al supermercato.

La moda delle crocette e delle risposte aperte o chiuse, di chiara ispirazione anglosassone, pervade ormai il nostro sistema formativo.

Al fondo di tutto ciò ci sta la convinzione che un test sia un sistema oggettivo di valutazione. La correzione affidata poi ad un computer propaga l’idea di una valutazione che sia quanto di più corretta possibile, in grado davvero di selezionare i migliori e, soprattutto, al riparo dal rischio di raccomandazioni.

I dati ci consegnano, purtroppo una realtà ben diversa.

Innanzitutto la qualità e la preparazione dei selezionati che, pur diminuendo in quantità, nonostante tutto, continua ad abbassarsi, in tutti i settori, come dimostrano le indagini comparate a livello internazionale (soprattutto quelle OCSE). Vale a dire che, ad esempio, per quanto riguarda i laureati ne abbiamo sempre meno e sempre meno preparati.

Stendiamo poi un velo pietoso sulla presunta oggettività affidata alle macchine: la stampa è piena di continue denunce su brogli, magari solo tecnologicamente più sofisticati.

La verità, come può testimoniare qualsiasi insegnante con un minimo di esperienza tra i banchi, è che il test può essere solo uno strumento tra tanti per una valutazione quanto più oggettiva delle capacità e delle competenze di uno studente.

Personalmente mi sono trovato spesso di fronte a ragazzi abilissimi nel rispondere a questionari ed a risolvere esercizi di grammatica e, nello stesso tempo, assolutamente mediocri nel saper scrivere anche brevi brani di senso compiuto o a comprendere semplici articoli di giornale. Al contrario molti ragazzi che nei questionari totalizzavano punteggi insufficienti erano in grado di scrivere in forma corretta e scorrevole, oltre che di leggere e comprendere al fondo il senso di testi anche complessi.

Questo perché valutare le capacità, le conoscenze e le abilità è fatto complesso perché complesso è l’essere umano. Perché il sapere non si acquisisce con le nozioni ma con la capacità di orientarsi criticamente in un mondo in continuo e vertiginoso cambiamento.

Una mondo che non si può racchiudere, per quanto sforzi si possano fare, né in una domanda a risposta multipla né nella memoria di un computer.

Adios, Gabo…

Gabriel_Garcia_Marquez

Ci sono autori che segnano la storia della letteratura.

Gabriel Garcia Marquez è stato certamente uno di questi. Il suo nome resterà tra i grandi di tutti i tempi.

Perché Marquez è uno di quegli autori che hanno saputo rappresentare la “magia” tragica e al tempo stesso ironica della storia umana.

Chiunque abbia letto Marquez ha avuto la possibilità di trovare nelle sue opere un pezzo del suo animo, della sua concezione del mondo. E’ questa l’essenza del suo capolavoro Cent’anni di solitudine. E come dimenticare la riflessione poetica sulla solitudine devastante del potere che possiamo leggere ne L’autunno del patriarca ? O il tema della vecchiaia e dell’amore che resiste anche all’usura del tempo magistralmente rappresentato in L’amore ai tempi del colera ?

La letteratura di Gabriel Garcia Marquez resta dunque un pezzo fondamentale della cultura contemporanea, della nostra cultura, della mia cultura.

Ecco perché oggi mi piace salutarlo con le ultime parole del suo romanzo Il generale nel suo labirinto dedicato a Simon Bolivar, il Libertador del continente Sudamericano.

Il generale nel suo labirinto

“Allora incrociò le braccia sul petto e cominciò a udire le voci raggianti degli schiavi che cantavano il salve delle sei nei frantoi, e vide dalla finestra il diamante di Venere nel cielo che se ne andava per sempre, le nevi eterne, il rampicante le cui nuove campanule gialle non avrebbe visto fiorire il sabato  successivo nella casa sbarrata dal lutto, gli ultimi fulgori della vita che mai più, per i secoli dei secoli, si sarebbe ripetuta”.

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