Massimo D’Alema
Craxi e la sinistra
Diciamolo subito: Craxi è stato un leader della sinistra italiana. Perché la sinistra non è stata solo il PCI. Perché altrimenti non si capirebbe persino perché abbiamo superato il PCI fino ad arrivare al PD. Craxi interpretò in forme più dinamiche e politicamente innovative la nenniana linea autonomista del PSI. Con intuizioni e proposte che la sinistra ha fatto sue dopo la sua morte. Craxi commise molti errori il più grave quello di non essere lui uno dei protagonisti, dopo il 1989, di un processo di ricomposizione della sinistra italiana che chiudesse le cicatrici della scissione di Livorno. Preferì rifugiarsi nell’accordo con Andreotti e Forlani. La vicenda giudiziaria fu l’epilogo drammatico di una dissoluzione della repubblica dei partiti che pure avevano garantito all’Italia democrazia e sviluppo. Una dissoluzione che ha iniettato nella coscienza collettiva i semi velenosi del giustizialismo e del forcaiolismo. Che sono agli antipodi della cultura politica della sinistra. Rileggerla storicamente è il dovere di tutti. A cominciare da me, che da giovane comunista iniziai a fare politica anche contro Craxi. E che all’epoca consideravo un nemico della sinistra. Sbagliavo e con me chi pensò che liquidare il PSI si traducesse nella vittoria elettorale degli eredi del PCI. Invece si aprì la fase del berlusconismo. Io avevo l’attenuante della giovane età. A dire il vero fu Massimo D’Alema, proponendo i funerali di Stato per Craxi, il primo a tentare una revisione di quella linea. Ma la abbandonò. Non sbagliare oggi è dovere di tutti per restituire a Craxi e alla storia del PSI i meriti che indubbiamente ebbe. E riflettere insieme sui gravi errori di quel tempo. Perché solo così possiamo fare i conti, tutta la sinistra, con la nostra storia che è cosa nobile e grande. Per non rassegnarci al grillotravaglismo e al salvinismo. La storia non la scrivono gli atti giudiziari, ma gli storici. Anche Helmuth Kohl fu coinvolto in uno scandalo per fondi neri al suo partito, la CDU. Eppure nessuno oggi lo ricorda per questo ma per avere costruito le condizioni della riunificazione tedesca. Se facessimo lo stesso in Italia sarebbe cosa utile e giusta.
La vera maggioranza…
Immaginate per un attimo che i protagonisti di questi ultimi anni della vita del PD semplicemente non esistessero.
Niente Renzi, Bersani, Speranza, Letta, D’Alema, Emiliano e co.
Comunque dovremmo discutere di questo PD, del suo ruolo, della sua funzione perché al di fuori di esso rimarrebbero comunque Grillo, Salvini, Berlusconi, Trump, la Brexit, l’Europa in dissoluzione, l’emergenza del Medio oriente e del nord Africa, il dramma dell’immigrazione, la minaccia del terrorismo, il dramma globale della povertà, ecc..
Perché l’aver voluto, giustamente, tenere aperto un partito riformista in questi anni è stata una scelta giusta.
Non a caso a noi guarda ancora oltre un terzo dell’elettorato italiano, siamo la prima forza politica della sinistra in Europa, nonostante tutto. Continua a leggere
Quando c’era Berlinguer…
Dico subito che il film merita di essere visto.
Poi si può discutere sulle interpretazioni da dare sulla ricostruzione che Veltroni fa di alcuni momenti storici della vicenda politica del PCI e del suo leader Enrico Berlinguer. Io, per esempio, ho molte perplessità soprattutto nella ricostruzione del rapporto col PSI di Craxi, sulla scelta di intervistare l’ex leader delle Brigate Rosse Franceschini e di non intervistare anche altri protagonisti di quella stagione come ad esempio Achille Occhetto o Massimo D’Alema che fu Segretario nazionale dei giovani comunisti del PCI berlingueriano.
Diciamo pure che dal punto di vista storiografico il film non mi ha convinto molto. Una riflessione critica e storicamente fondata sul segretario del PCI e su quella stagione credo non sia stata ancora compiuta.
Confesso però che alcune testimonianze ed alcune immagini mi hanno commosso profondamente.
Quella di Giorgio Napolitano, ad esempio, che richiama l’esperienza di Berlinguer e alla fine si commuove quando rievoca quella “comunità” nella quale vissero l’impegno politico. O una lettera inedita nella quale Berlinguer spiegava come l’apoliticità non fosse altro che una forma più o meno esplicita di fascismo alla quale si deve contrapporre la politica che altro non è che l’attività umana più alta e nobile.
Nel sentire poi l’intervista dell’operaio veneto che assistette agli ultimi istanti di vita di Berlinguer nel suo comizio a Padova, non ho potuto fare a meno di pensare come quel bello e musicale dialetto che raccontava di grandi emozioni collettive e nazionali, oggi è usato come paravento ideologico di razzismi da bar dello sport che sproloquiano su secessioni da imporre dalla torretta di un trattore taroccato da carro armato. Un altro segno di come sia cambiato in questi ultimi trent’anni questo nostro Paese.
Tuttavia una speranza mi è rimasta accesa: ho visto il film insieme ad un amico con i nostri figli nati decenni dopo la morte di Berlinguer.
Proprio sulla politica, su quelle piazze stracolme di popolo e bandiere rosse, sulla nostra commozione ci hanno fatto più domande alle quali siamo stati felici di rispondere. Segno che un futuro, forse, è ancora possibile.
D’ALEMA: IL COMPORTAMENTO DI INGROIA RENDE POCO CREDIBILE IL PAESE
“Ingroia prima ha condotto l’inchiesta Stato-mafia, non a caso conclusa con una candidatura elettorale, usando il suo ruolo per processare la storia del nostro Paese, poi ha abbandonato il suo ufficio internazionale. Da ministro degli Esteri, so cosa ha significato riuscire a ottenere dall’Onu l’incarico in Guatemala per un italiano. E so cosa vuol dire per la credibilità del Paese che l’incaricato stia lì solo una settimana, per giunta in collegamento con Santoro, e poi se ne vada”.