Matteo Renzi

Basta con le ipocrisie e le invettive. Il PD deve essere altro o non sarà

Immagine Simbolo PD

Se c’è una cosa sulla quale dovremmo tutti riflettere non è tanto Renzi che se ne va ma cosa resta del PD. Perché la sua uscita toglie ogni scusa a chi rimane e oggi dirige il PD. Una riflessione vera è, a questo punto, ineludibile. La scissione di Renzi è solo l’ennesima manifestazione della crisi del PD come partito nato per unire le grandi culture riformiste italiane. Aver fatto il governo potrebbe essere una condizione importante ma non sufficiente per rilanciare non solo il Paese ma anche una forza di centrosinistra moderna. Perché un conto è fare il governo con i 5 stelle e favorire la loro fuoriuscita dalla dimensione massimal-qualunquista che li ha portati ad essere la prima forza nel 2018, un conto, invece, è porsi in maniera subalterna al loro giustizialismo antipolitico, fino addirittura a prefigurare nelle regioni alleanze civiche non solo senza simboli ma anche senza politica, magari cercando, come in Calabria, di riesumare candidati in servizio permanente effettivo già bocciati in altre stagioni dagli elettori pur di risolvere qualche conflitto locale interno nel gioco asfittico delle correnti romane. Il PD oggi è popolato da correnti protese solo al posizionamento interno. Un gruppo dirigente degno di questo nome dovrebbe chiudere con la stagione delle giaculatorie e delle invettive e avviare un serio dibattito sul che cosa deve essere il PD, se deve continuare ad esistere in questa forma o fare altro, ma soprattutto se vuole restare nel solco della sinistra moderna e riformista (che è anche laica e protesa alla difesa dello Stato di diritto e delle garanzie individuali e sociali) o chiudersi in una dimensione sempre oscillante tra il governismo a tutti i costi e la testimonianza subalterna. Essere di sinistra, infatti, non può essere una enunciazione di principio ma la fatica quotidiana della rappresentanza di interessi sociali diffusi e sempre più complessi. Il governo per la sinistra o serve al cambiamento o non serve. Si faccia un congresso straordinario. Per discutere di idee e proposte. Mettiamoci alle spalle vent’anni di confronti nominalistici. Facciamolo se vogliamo essere utili non solo a noi stessi ma al Paese.

Discutere in maniera matura

Bandiera del PD

Stiamo vivendo una fase assai delicata della vita del PD. Il dialogo con i 5 stelle è inevitabile ma sappiamo tutti quanto sia difficile e complesso. E comunque non potrà prescindere dai contenuti della nostra proposta politica, dalla dignità del nostro essere una forza riformista pienamente collocata nella dimensione europea. E soprattutto dobbiamo evitare a qualunque costo di dividerci. Discutiamo in maniera matura evitando di essere subalterni a categorie come renzismo e anti renzismo che sono fuorvianti. Il tema che abbiamo di fronte non è la conta tra di noi ma come una forza politica matura e responsabile, di fronte al teatrino indegno messo in atto in questi 50 giorni dai cosiddetti vincitori, prova a dare una mano per il bene del Paese. Sapendo che nulla è scontato. E partendo dalla analisi corretta della natura del Movimento 5 Stelle: una forza qualunquista di massa, collettore di istanze più contro che per e quindi assolutamente indifferente ai contenuti. Che li fa interlocutori per certi aspetti anche peggiori e inaffidabili della destra che almeno ha una fisionomia politica chiara e definita. Questo è il tema. Martina sta facendo uno sforzo importante di sintesi. E lo stesso silenzio di Renzi va interpretato come un positivo atteggiamento politico. Io credo, infatti, che per Renzi possa parlare solo Renzi. L’importante è che tutti dobbiamo essere consapevoli che qualunque posizione si assumerà dovrà essere tutto il PD a prenderla.

Scusi, ma lei è favorevole o contrario ?

Salvatore Giuliano

Riepiloghiamo: Luigi Di Maio, nel caso assai improbabile dovesse vincere le elezioni, come futuro Ministro dell’Istruzione sceglie un preside già componente dello staff del Ministro Giannini, favorevole alla buona scuola che, com’è noto, è stata fortemente avversata dai 5 stelle. Ora questo preside nega di essere stato a favore ma un video in cui dice a Renzi: “Presidente vada avanti” lo inchioda. Ed io mi chiedo: o i meccanismi di scelta di Di Maio sono a dir poco approssimativi o i 5 stelle ora sono a favore della Buona scuola o lo erano anche allora fingendo di essere contro. In tutti e tre i casi mi sembra che o siamo alla commedia dell’assurdo o nel caro vecchio e sempreverde trasformismo italico.

La Stampa

 

Grazie…

Convenzione 1

Ieri abbiamo tenuto il nostro congresso di circolo. Al di là del risultato delle singole mozioni ciò che riempie di soddisfazione è stata l’eccezionale partecipazione al voto dei nostri iscritti, in linea con i dati che si stanno registrando in Calabria e segnatamente nella Provincia di Cosenza. È una cosa che ci fa ben sperare nel futuro l’attaccamento al partito di tante compagne e compagni in uno dei momenti più difficili della nostra storia repubblicana. Resto convinto che nessuna riforma della politica sarà possibile in questo Paese senza grandi forze popolari e di massa. Uso il plurale non a caso perché la ricostruzione di grandi partiti che praticano al loro interno la democrazia è un problema che riguarda tutti, non solo il PD.

Lasciatemi dunque ringraziare tutti coloro che ieri hanno dedicato parte del loro tempo per partecipare ai nostri lavori. Un grazie particolare consentitemi infine di rivolgerlo ai compagni che, con il loro lavoro e il loro contributo politico ci hanno consentito di fare di ieri una vera e propria festa di partecipazione: Raffaele Zuccarelli, Damiano Covelli, Luigi De Cicco, Roberta Vivacqua, Domenico De Luca, Andrea Adamo.

Ringrazio inoltre Franco Ambrogio, Nicola Adamo, Enza Bruno Bossio, Luig Guglielmelli, Ernesto Magorno, per i loro interventi al nostro congresso, così come il garante Domenico D’Ambrosio, e i presentatori delle mozioni Enzo Damiano per la mozione Orlando e Marco Ambrogio per la mozione Emiliano. E avanti per fare ancora più grande questo nostro PD. Continua a leggere

Non si torna indietro…

Non si torna indietro Segnale stradale

Quando dieci anni fa nacque il PD appartenevo alla schiera dei convinti non entusiasti. Mentre a 19 anni, quando presi la prima tessera del PCI da iscritto alla FGCI, sentivo di fare una scelta di vita e la facevo con la gioia del ragazzo che voleva cambiare l’Italia e il mondo, le successive trasformazioni del partito a cui avevo dedicato la mia vita le ho vissute come scelte politiche che mi consentivano di tenere aperto quell’orizzonte su un terreno nuovo. Vissi anche il PD così, con la consapevolezza che sceglievo la strada difficile ma affascinante dell’unità delle culture democratiche di questo Paese con tutto ciò che comportava in termini non di rinuncia ma di investimento della propria identità in un progetto lungo che era quello della conquista del governo per operare il vero cambiamento e non limitarsi alla sua sola enunciazione. In una parola il riformismo.
Mi convinsero i dirigenti politici ai quali mi sentivo più vicino, in primo luogo D’Alema, anche se mi ha sempre infastidito l’appellativo dalemiano, così come nel PCI contestavo l’appellativo di ingraiano. Trovavo e trovo detestabile definirsi col cognome di un leader, per quanto autorevole esso possa essere. Mi è sempre sembrato un atteggiamento da correntismo provinciale, da intruppamento pecorone. Continua a leggere

La vera maggioranza…

Bandiere

Immaginate per un attimo che i protagonisti di questi ultimi anni della vita del PD semplicemente non esistessero.

Niente Renzi, Bersani, Speranza, Letta, D’Alema, Emiliano e co.

Comunque dovremmo discutere di questo PD, del suo ruolo, della sua funzione perché al di fuori di esso rimarrebbero comunque Grillo, Salvini, Berlusconi, Trump, la Brexit, l’Europa in dissoluzione, l’emergenza del Medio oriente e del nord Africa, il dramma dell’immigrazione, la minaccia del terrorismo, il dramma globale della povertà, ecc..

Perché l’aver voluto, giustamente, tenere aperto un partito riformista in questi anni è stata una scelta giusta.
Non a caso a noi guarda ancora oltre un terzo dell’elettorato italiano, siamo la prima forza politica della sinistra in Europa, nonostante tutto. Continua a leggere

Riconoscere sempre le sconfitte. Ora al voto prima possibile

Scheda del referendum

In democrazia bisogna riconoscere immediatamente le sconfitte. Io l’ho sempre fatto e non conto nulla, ma quello che più conta, lo ha fatto Renzi, assumendosi in pieno le responsabilità di avere personalizzato un voto referendario che invece avrebbe dovuto essere sganciato da ogni considerazione politica. E il voto rispecchia pienamente le appartenenze politiche. Il voto ha completamente ignorato il merito della riforma ed è diventato un giudizio su un governo e un leader. Sul Si c’era praticamente solo il PD. Ha vinto elettoralmente il No di Salvini, Grillo, Berlusconi. Ora si apre una fase difficile. Chi ha vinto ha il dovere della proposta, a cominciare dalle cose più urgenti, come una legge elettorale funzionante visto che al Senato c’è il proporzionale e alla Camera il maggioritario, che significa nessun Governo. Non sarà facile. Vedremo che succederà. Spero il meglio perché il tanto peggio tanto meglio non ha mai portato nulla di buono. In ogni caso credo che si debba andare al voto al più presto.

Cile, tifo e politica

Gli Inti Illimani

Gli Inti Illimani

Potete sghignazzare quanto volete sulla crassa ignoranza di Gigi Di Maio che situa Pinochet in Venezuela dopo averlo accostato, in maniera volgare ed istituzionalmente assai discutibile, al Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana.

Potreste ricordargli che il suo non è un errore di poco conto, anzi, è uno svarione di proporzioni cosmiche ignorare quello che ha rappresentato, anche nella politica italiana, la drammatica vicenda del golpe cileno dell’11 settembre 1973.

Potreste ricordargli i tanti esuli che vennero anche in Italia, a cominciare da quelli più famosi, gli Inti-Illimani, che con la loro musica testimoniarono il fallimento dell’esperienza democratica di Salvador Allende, vincitore di regolari elezioni e a capo di una coalizione di forze popolari e democratiche che tentarono di fare del Cile, un paese dove le ineguaglianze assomigliavano a quelle dell’Egitto dei Faraoni, semplicemente un luogo più giusto in cui vivere, in cui non si morisse di fame o di fatica nelle miniere, in cui una casta (questa si, vera) di pochissimi padroni deteneva tutta la ricchezza tenendo un intero popolo sottomesso e in miseria. Continua a leggere

Restare in piedi per Cosenza

Cavallo in piedi

Le sconfitte si accettano e da quelle si riparte. A Cosenza Occhiuto vince perché riesce ad interpretare un diffuso sentimento antipolitico che altrove viene intercettato dai 5 stelle e che mette il PD, il partito più politico che c’è al di là di chi lo dirige, in difficoltà in tutti i grandi centri urbani.

È un’analisi elementare che va approfondita e pone al PD problemi seri che deve affrontare con urgenza visto che governa in Calabria e in Italia.

Lo dico ai tanti che pensano che il problema sia prendersela con questo o con quello, a cominciare da Renzi e non vedere come si correggono gli errori che si sono commessi. Continua a leggere

Bugie e maldestra propaganda di Mario Occhiuto

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Le bugie dell’ex sindaco Occhiuto non finiscono mai e con esse l’arroganza o la non rassegnazione alla incontrovertibile realtà di non essere più sindaco.

In una nota inviata agli organi di stampa,  afferma che il distretto della cybersecurity visitato ieri dal premier Renzi, è una sua creatura.

NIENTE DI PIÙ FALSO!

Il distretto nasce da un progetto cofinanziato dal Miur con partner istituzionali (Università della Calabria) aziende pubbliche (Poste Italiane) e aziende private (tra cui NTT data e ADS) per realizzare un centro di eccellenza della ricerca sulla sicurezza informatica.

Poiché Poste ha deciso di localizzare il centro di ricerca presso il vecchio edificio delle cosiddette Poste Vecchie di Piazza Crispi, ha inevitabilmente dovuto coinvolgere il Comune per le autorizzazioni edilizie. Continua a leggere

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