PD
Basta con le ipocrisie sul caso Penati.
Dopo l’ipocrita decisione della Commissione di Garanzia del PD (qualche TV l’ha definita freudianamente Commissione giustizia), apprendiamo che essere iscritti al PD significa rinunciare ai diritti individuali previsti dalla nostra Costituzione. Insomma, abbiamo riscoperto l’uso dei tribunali di partito. Se non fosse tragico direi che è farsesco.
Una decisione assunta solo per tentare di dare una risposta alla vandea giustizialista che imperversa da giorni, strana e inutile visto che il povero Penati aveva già annunciato la sua autosospensione.
Ma non basterà neanche questo: la Vandea come il Terrore si nutrono di sangue sempre fresco, ricordiamocelo.
Si aprirà presto la caccia al politico in quanto tale. Arriverà il momento per cui i politici, tutti senza eccezione, anche i più oscuri segretari di sezione, saranno crocefissi in sala mensa (ricordate l’incubo fantozziano ?) e si spianerà la strada, perché questo è il vero obiettivo, al governo dei tecnici e dell’impresa. Che poi questi tecnici e imprenditori siano spesso più imbroglioni e corrotti dei politici, poco importa. Del resto Berlusconi non è forse un imprenditore sceso in campo contro la vecchia politica ?
Si può sovrapporre un’etica astratta alla legge ?
Alcune vicende di questi mesi mi hanno portato a svolgere una riflessione più stringente su di una questione che si può riassumere nella domanda: “esiste un’etica che si sovrappone alla legge ?”, vale a dire, al di là di ciò che i codici stabiliscono essere un reato, c’è un’etica superiore che stabilisce l’illiceità o la non opportunità di alcuni comportamenti soprattutto per quanto riguarda persone che ricoprono ruoli di evidenza pubblica ? I recenti casi di Strauss Khan ma anche quello della ragazza segretaria di circolo del PD dimessa perché scoperta nel suo privato in alcuni filmetti porno (anche se pare che si tratti di una non notizia, perché la ragazza in questione si era dimessa molto prima per altre ragioni), e tanti altri, pongono una questione inedita nel dibattito politico italiano e non solo.
Inedita perché la società della comunicazione, il diffondersi della pratica di pubblicare intercettazioni telefoniche, la tendenza cioè a rendere pubblico anche aspetti assai privati degli uomini e delle donne che hanno ruoli e funzioni pubbliche hanno posto con urgenza il tema.
Non ci si deve nascondere, inoltre, il fatto che la lotta politica fa ricorso ampliamente a questi mezzi e una parte del giornalismo (sia a destra che a sinistra) si presta volentieri a questo meccanismo che è stato efficacemente definito “macchina del fango”.
Ora io credo che la questione vada ricondotta nei limiti di un principio che mi sembra essenziale per chi ha ruoli e funzioni di evidenza pubblica (cioè politici, ma non solo, tutti coloro che hanno responsabilità che li portano a decidere o ad avere influenza sul destino della collettività): chi ha responsabilità di questo genere è tenuto, innanzitutto, a non mentire.
Ciò che infatti rende una donna o un uomo pubblico non credibile non è il suo comportamento privato, che è di per sé insindacabile laddove non commetta specifici reati, ma la sua ipocrisia, il predicar bene e razzolare male. Faccio un esempio: non si può predicare contro divorzio e aborto e poi nel proprio privato essere divorziato o praticare l’aborto; non si può essere per la difesa della famiglia tradizionale e nel proprio privato cercare la compagnia di gay, trans o prostitute; non si può essere contro la pornografia e nel proprio privato acquistare materiale pornografico o praticare la pornografia.
Ciò vale per tutti. Un avvocato, un medico, un insegnante sono giustamente sottoposti, oltre che alla legge, come tutti, anche ad un’etica professionale che impone loro comportamenti conseguenti a non danneggiare in qualsiasi modo le persone che si rivolgono a loro. Nel loro privato possono fare ciò che vogliono in base alle loro convinzioni, gusti e orientamenti, ma nello svolgimento della loro professione sono tenuti a fare in modo che tali convinzioni, gusti ed orientamenti non abbiano alcuna influenza sulla vita e le vicende delle persone con cui hanno a che fare, a cui devono offrire un servizio efficiente, qualificato e soprattutto rispettoso soprattutto di quelle persone le cui convinzioni, gusti ed orientamenti non coincidono con i loro. Allo stesso modo una donna e un uomo pubblica devono tenere un comportamento che sia in linea con la funzione che svolgono e con le cose che proclamano di voler difendere.
In questo senso l’unica etica possibile è quella della responsabilità, che intanto si basa sulla necessità di non mentire, di avere un comportamento coerente con i principi che si sostengono. Nel caso Strauss Khan, ad esempio, questi non ha mai nascosto la sua natura di “libertino” e quindi, atteso che non ha commesso reati, ha tutto il diritto di rientrare nelle sue funzioni e di concorrere alla lotta politica del suo Paese sempre che abbia il consenso necessario. Ciò che è invece inaccettabile è un’etica astratta, senza aggettivi, non si sa stabilita da chi, utile strumento di lotta per eliminare avversari scomodi e magari perpetuare potere e, ipocritamente, comportamenti ancora peggiori.
Il confine tra etica della responsabilità ed etica astratta e senza aggettivi è assai labile ma è in quel confine che spesso si celano le aberrazioni che danno vita alle persecuzioni, ai roghi, alle gogne.
L’etica senza aggettivi è contraria ai principi democratici, visto che la democrazia, non a caso, si regge sul rispetto della legge e basta. Non può far scandalo che un deputato sia gay o ami andare a prostitute, l’importante è che nella sua attività parlamentare non si impegni contro gay e prostitute e anzi ne difenda i diritti di cittadini come tutti gli altri.
E’ l’ipocrisia il male peggiore, da sempre. La stessa ipocrisia che erigeva i roghi per streghe, gay e prostitute ai tempi dell’Inquisizione. Quel tempo è finito, anche se roghi e gogne non sono, purtroppo spariti, anzi.
Polemiche su un manifesto del PD: stiamo diventando tutti bacchettoni ?
Una grande polemica si è aperta sul manifesto della Festa Nazionale del PD di Roma che esibisce due belle gambe femminili e una gonna appena sollevata dal vento con la scritta “Cambia il Vento”. Alcune esponenti del PD e delle donne del Comitato “Se non ora quando ?”, quello che ha organizzato le imponenti manifestazioni contro Berlusconi all’indomani dell’emergere del caso Ruby, hanno chiesto addirittura il ritiro del manifesto e della campagna di comunicazione della Festa accusandola di “strumentalizzazione del corpo femminile”.
Premesso che mi riesce difficile vedere un nesso tra il “bunga bunga” e il manifesto in questione che invece trovo simpatico e intelligente con quella citazione della “Moglie in vacanza” di Marilyn Monroe (una immagine che negli anni ’60 fece scalpore contribuendo non poco alla rottura con certo bacchettonismo in Italia insieme alla “Dolce Vita” di Fellini), sono certo che mi prenderò anch’io qualche critica femminile.
Ma francamente trovo la polemica esagerata e, malgrado le buone intenzioni, anche pericolosa, perché rischia di mettere la sinistra ad inseguire certa destra sul terreno del moralismo più becero (vedi la polemica della Rauti, che ci “scavalca a sinistra”).
Personalmente, pur non essendomi assolutamente simpatico questa volta sono d’accordo con Giampiero Mughini che scrive: “Né il fanatismo del corpo femminile per quanto siliconato ed esibito impudentemente come strumento di realizzazione del proprio reddito e della propria carriera (talvolta di buona a nulla). Né il fanatismo opposto di chi condanna qualsiasi immagine “sexy” della donna perché la trova losca e umiliante. Sono tra quelli che mai una volta nella sua vita ha incontrato delle ragazze alla maniera di quelle dell’Olgettina. Ero però felicissimo quando qualcuna delle mie amiche esibiva orgogliosamente il suo corpo, e a dire il vero non ne ricordo una che non lo facesse. Ciascuna beninteso a suo modo e nel suo stile. Stili che erano tutto fuorché loschi e umilianti”.
Io credo che una immagine debba essere innanzitutto non volgare, e quella del manifesto, oggettivamente, non lo è, anzi la preferisco a tanti manifesti col faccione, assai simpatico tra l’altro, di Bersani. Pensate solo per un attimo se al posto di quelle belle gambe avessero messe quelle del nostro segretario o di D’Alema…beh, è una esperienza che mi risparmio volentieri, come penso voi tutti…
Continuare ad affidare il PD a certe persone è come dare la patente di femminismo a Landru.
Dal 2009, sotto varie forme, prima direttamente adesso per Commissario Interposto, il PD calabrese è governato da Oliverio e addentellati come Guccione, Laratta e Bevacqua. Dal 2009 ad oggi, abbiamo perso regionali ed amministrative. Loro sono ancora lì, anzi danno pagelle, continuano a distinguere tra buoni e cattivi a lanciare appelli per l’unità e per la costruzione del partito. Cose di cui il PD ha bisogno come il pane ma che loro non hanno nessuna credibilità nel proporre. Loro che hanno distrutto l’unità del PD che aveva consentito l’unica vittoria alle provinciali di Cosenza, loro che hanno distrutto ogni vita democratica interna, che hanno tentato di appaltare a forze esterne ed estranee al centrosinistra la rappresentanza del centrosinistra stesso a Cosenza. Adesso danno pagelle di coerenza anti-Scopelliti al gruppo regionale, che avrà mille difetti, ma non certamente quello di essere stato silente in questi mesi, anche a discapito della costruzione di una coerente alternativa di governo alla Regione. E allora, di cosa stiamo parlando ? Personalmente penso che continuare ad affidare il PD a costoro è come affidare l’emancipazione della donna a Landru.
Ragazzi, giuro che se sento parlare di rinnovamento chiamo i carabinieri…
Scelgo questo titolo volutamente provocatorio per cercare di esprimere un concetto che mi sta molto a cuore dopo la “batosta” di domenica scorsa. Dico subito quindi che la sinistra ha bisogno come il pane di un profondo e radicale rinnovamento dei suoi gruppi dirigenti e, soprattutto, di una grande innovazione politica e programmatica.
Tuttavia trovatemi uno in Calabria, in Italia e nel mondo che non dica la stessa cosa con toni enfatici ed apodittici anche tra coloro che di questa batosta sono i principali responsabili.
Si, perché parlare di rinnovamento è la cosa più facile di questo mondo ed è il modo migliore per mantenere tutto esattamente com’è. I più grandi proclamatori di novità sono, in realtà i peggiori conservatori perché intendono il rinnovamento sempre a partire dagli altri, mai da se stessi.
La vicenda calabrese del PD ne rappresenta la plastica dimostrazione: sono mesi che novelli giacobini predicano il rinnovamento, agitano questioni morali e acuiscono le profonde fratture del gruppo dirigente solo ai fini di ritagliarsi un posticino nel sempre più residuo e marginale bacino del PD. Poco importa se molti di questi predicatori sono cresciuti all’ombra di coloro che oggi considerano il male assoluto, se si sono ingrassati con incarichi e prebende o comodi posticini in liste bloccate.
Ma, francamente, del destino di questi sono poco preoccupato perché gli elettori li hanno già giudicati e pesantemente bocciati.
Sono invece preoccupato del fatto che, anche rimuovendoli dai posti che occupano risolveremo solo parte dei nostri problemi. Si tratta di una condizione necessaria ma non sufficiente.
Perché il rinnovamento, quello vero, non riusciremo a farlo se non costruiremo finalmente il PD, vale a dire un partito di massa, inclusivo e capace di promuovere davvero nuove classi dirigenti sul terreno dell’innovazione politica. Un partito che tenga tutti dentro, vecchi e nuovi e promuova davvero i nuovi sulla base della selezione democratica, nel fuoco della battaglia politica consentendo anche all’ultimo dirigente dell’ultimo circolo di poter crescere ed affermarsi senza cooptazioni ma in base alle cose che sa esprimere e sa fare. Perché sulle macerie si è sempre costruito poco, se non nulla. Perché il rinnovamento senza innovazione è solo nuovismo senza contenuti destinato ad essere spazzato via al primo alito di vento. Perché la lotta politica interna ha senso e si motiva se si è portatori di progetti, di proposte, di visioni strategiche che vadano al di là delle pur legittime ambizioni personali.
Rinnovare non significa cooptare in posti di responsabilità qualche ragazzo che serva da vetrina, ma consentire a migliaia di ragazzi di crescere e produrre politica insieme a chi ha maturato esperienza ed anche errori. Così si faceva nei vecchi partiti, così dovremmo fare nei nuovi (dopo averli costruiti, ovviamente).
Il voto di domenica e lunedì ci consegna intanto due problemi grandi quanto una casa: un PD da prefisso telefonico ed un centrosinistra minoritario, marginale e parolaio incapace di porsi come interlocutore credibile e di governo per combattere l’egemonia del centrodestra in questa regione.
Il centrodestra vince perché regge la sua alleanza con l’UDC, alleanza frutto della miopia di quei dirigenti che consentirono a Loiero di ricandidarsi alla guida di una coalizione ormai minoranza in Calabria convinti che la sola gestione del potere regionale fosse sufficiente a farci vincere. Nel “Rendano” di Cosenza ancora non si sono spenti gli echi di una manifestazione convocata dagli strateghi cosentini (gli stessi della sconfitta cosentina, rossanese e sangiovannese) che urlavano “Agazio, sei l’unico candidato possibile” nelle stesse ore in cui Bersani tentava l’interlocuzione con l’UDC che ci avrebbe fatto vincere davvero.
Ora tutto è più difficile, per cui è davvero assurdo dividersi tra chi urla più forte “rinnovamento, rinnovamento”. E’ venuto invece il momento innovare davvero interrogandoci fino in fondo sul come.
Non ci sto…
Non ci sto alla chiamata tardiva alle armi contro i barbari alle porte. Intanto perché chi dovrebbe difenderci dai barbari è barbaro anch’esso ed è già dentro le mura.
Non ci sto al ragionamento semplicistico che fanno alcuni, molti in palese malafede, di votare a sinistra contro la destra, quando la sinistra che mi propongono è fatta di una persona in palese conflitto di interessi che sta facendo una campagna elettorale che mutua il peggiore berlusconismo di cui aveva tentato, disperatamente, di essere il rappresentante.
Non ci sto a farmi intruppare con chi sta conducendo una campagna elettorale vergognosa, nella quale si agitano dossier come fa la Moratti contro Pisapia a Milano, con chi si proclama garantista per sé e fa il forcaiolo con gli avversari politici e non si confronta sui temi dello sviluppo di questa nostra amata città.
Non ci sto ad avallare con il mio voto una operazione di palazzo di qualche dirigente di partito che prima fa perdere il PD e poi pretende di rappresentarlo e dirigerlo.
Non ci sto ai richiami all’unità da parte di chi per primo ha frantumato, spaccato, lacerato il PD e il centrosinistra per salvaguardare il proprio ristretto orticello di potere e già ragiona di poltrone e assessorati per sodali e familiari.
Non ci sto a farmi fare la lezione da chi predica il rinnovamento e lo svecchiamento (sempre per gli altri, per carità) solo per legittimare la sua permanenza al potere. Da chi ha sostenuto il candidato alternativo al PD e si permette di darci lezioni di coerenza.
Ieri Damiano Covelli ha dato una lezione a tutti: non mi importa se sarò eletto o meno, la mia firma sotto questa mistificazione non ce la metto.
Il centrosinistra a Cosenza ha già perso il 16 e il 17 maggio scorsi. Al ballottaggio sono andati due candidati di centrodestra.
Io non voterò nessuno dei due.
Il PD spara in aria a scopo intimidatorio ma il Berlusca non si “intimida”…e allora ?
Parliamoci chiaro, tutta l’iniziativa del PD di questi ultimi mesi rischia di arenarsi di fronte ad una situazione politica tutt’altro che favorevole.
L’8 marzo avremo finito di raccogliere le 10 milioni di firme per chiedere le dimissioni di Berlusconi ma il Cavaliere sembra tutt’altro che intenzionato a mollare, anzi rilancia sui temi della giustizia, della riforma della Costituzione, dell’economia e, nello stesso tempo apre nuovi conflitti istituzionali dagli esiti tutt’altro che scontati. Nel frattempo consolida la sua maggioranza parlamentare con il partito di Fini che si sta letteralmente squagliando come neve al sole.
La proposta di alleanza costituente lanciata in pompa magna da D’Alema e Bersani tra tutte le forze che si oppongono al governo Berlusconi non ha trovato sponda alcuna nei possibili interlocutori, Casini innanzitutto, anzi, per certi aspetti ha accentuato lo stesso smottamento del FLI, i cui parlamentari, compravendita a parte, appaiono ben poco interessati ad un’alleanza con la sinistra ed uno ad uno se ne tornano nel centrodestra berlusconiano che sembra ai loro occhi, nonostante Berlusconi e il bunga bunga, l’unico possibile, al momento, in Italia.
Le stesse azzardate aperture alla Lega portate avanti dal PD con un Bersani disponibile ad assegnare al partito di Bossi la patente di “interlocutore democratico” sulla base della comune conoscenza di quanta carne è necessaria per fare uno spiedino nelle feste di partito, hanno prodotto una vera e propria rivolta nella base del partito (basta guardare i commenti sul sito del PD) e compromesso forse irrimediabilmente le già scarse possibilità di vittoria del centrosinistra al Sud dando ossigeno alle tante (e per certi versi inquietanti) iniziative autonomiste che si stanno organizzando in tutte le regioni del Mezzogiorno.
Poiché è assurdo pensare che si possa andare al voto fino a quando in parlamento esiste una maggioranza a meno che qualcuno non sostenga ipotesi di un golpe di sinistra magari con l’avallo di quel galantuomo di Giorgio Napolitano, è del tutto evidente che la situazione è in pieno stallo.
Siamo ridotti come nella scenetta famosa di Fabrizi poliziotto che, dopo un estenuante inseguimento del ladro Totò dice: “Vieni qui, se no ti sparo” e Totò che risponde: “Non puoi, puoi sparare solo per legittima difesa”. Allora Fabrizi dice: “Sparo un colpo in aria a scopo intimidatorio” e Totò: “Embé ? Io non mi intimido”.
Sarebbe fin troppo facile, a questo punto, recriminare sugli errori, evidenti, che i dirigenti democratici hanno inanellato dall’autunno del 2010 fino ad oggi.
La verità è che da mesi il PD ha rinunciato alla politica, ha definitivamente perso la sua autonomia, consegnandosi ad un gioco di sponda con tutta una serie di forze, dal partito di Repubblica al giustizialismo dei neogiacobini presenti un po’ dovunque e non solo in IDV ma anche in tanta parte del mondo della cultura e del giornalismo che da mesi invocano la spallata.
Invece di guidare un processo politico che potesse determinare il definitivo sfaldamento del governo Berlusconi proponendo innanzitutto alla società italiana ed ai suoi poteri una possibile alternativa democratica di fuoriuscita da questa crisi, sono rimasti incastrati nel gioco dell’invettiva quotidiana sperando nella spallata giudiziaria che, com’è del tutto evidente, rischia di non esserci o almeno di non esserci nei tempi utili per la politica.
Non solo, il PD ora è in balia delle incursioni vendoliane con il rischio di una ripresa lacerante del dibattito tra le sue innumerevoli aree interne che rischia di dilaniarlo definitivamente.
Poiché sono persone intelligenti i dirigenti del PD di tutto ciò si rendono conto: tra di loro, ha ragione Minopoli, saranno in tanti a dire “torniamo alla politica”. Ma per far questo è intanto necessario tornare ad essere autonomi da tutto: dai grandi giornali, dai grandi opinion maker, dalle altre forze politiche, dalla stessa magistratura. Il che non significa essere ostili, ma avere una propria linea, positiva, di cambiamento. Ci riusciranno, ci riusciremo ?
La proposta di Bersani rischia di alimentare un autonomismo straccione e subalterno al Sud…
Il Direttore di Calabria Ora ha stigmatizzato giustamente l’intervista del Segretario del PD Pierluigi Bersani all’organo ufficiale della Lega, la “Padania”, nel quale impegna tutto il PD nel voto del federalismo “purché la Lega stacchi la spina a Berlusconi”. Sinceramente da iscritto e dirigente del PD e da cittadino del Sud considero questa iniziativa un vero e proprio pugno nell’occhio.
Alcuni amici e compagni me l’hanno giustificata come una iniziativa puramente tattica, utile per battere il “nemico del popolo” Berlusconi.
Ora io considero Berlusconi il problema più grande del nostro Paese e spero che al più presto lo si possa rimuovere dal posto che occupa e dal quale sta facendo danni irreparabili alla democrazia.
Nello stesso tempo penso che la sinistra abbia il dovere di proporre all’Italia non solo una nuova alleanza politica elettorale per poterlo battere ma anche un progetto di rilancio e di sviluppo economico, sociale e democratico che sia alternativo a quello proposto dalla destra e dal berlusconismo in questi anni. E una delle componenti fondamentali dell’azione di governo berlusconiana è stata proprio la Lega, la sua irriducibile caratterizzazione egoistica (egoismo dei territori, egoismo economico e sociale, egoismo etnico, antimmigrazione, ecc.).
Il federalismo leghista si presenta ed è un progetto che tende non ad unire i diversi e responsabilizzarli di fronte ad un comune patto nazionale come nel resto del mondo, ma a dividere ciò che, nel bene e nel male è stato unito in questi ultimi 150 anni. A questa impostazione il PD, la più grande forza di centrosinistra del Paese, ha il dovere non solo di opporsi, ma di proporre un progetto alternativo che rilanci nel futuro le radici della nostra storia unitaria e ridisegni in senso federalista (perché no ?) un nuovo patto nazionale capace di far reggere all’Italia intera, al nord come al sud, le sfide di un futuro globale assai incerto e difficile.
Per questo l’iniziativa di Bersani è profondamente sbagliata sia se essa ha una dimensione puramente tattica sia, peggio, se ha invece un respiro strategico.
Questa proposta rischia di avere nel Mezzogiorno un effetto disastroso: perché i meridionali dovrebbero votare PD alle prossime elezioni ? Quelli che hanno già votato Berlusconi saranno portati a fare un ragionamento semplicissimo, teniamoci l’originale e non la fotocopia. Dall’altro lato, quelli che hanno votato il centrosinistra perché dovrebbero continuare a votarlo se intravedono nella proposta nazionale del loro partito una idea di federalismo che li taglia fuori e li considera solo oggetto e non soggetto responsabile di una nuova politica di sviluppo ? Non finiranno, molti di questi, per essere attratti da nuove forze autonomiste che già sorgono un po’ dovunque nel Mezzogiorno e in alcune regioni, vedi la Sicilia, hanno già percentuali di consenso a due cifre ? Con l’aggravante che molte di queste forze autonomiste sono del tutto prive di quella carica sanamente “antagonista” che la Lega Nord, soprattutto ai suoi inizi, aveva e sono piuttosto il frutto del riposizionamento di un vecchio ceto politico nato e cresciuto dentro le maglie dell’assistenzialismo e della mediazione clientelare dei grandi partiti della Prima Repubblica.
Nella proposta di Bersani ci leggo anche un giudizio, la considerazione che il Sud, nella migliore delle ipotesi, debba essere abbandonato a se stesso, la conferma di un cedimento culturale ad una visione puramente emergenziale del Sud, una rinuncia ad una analisi più complessa e articolata a proporre una nuova strada di cambiamento. La negazione stessa di una impostazione riformista che dovrebbe invece essere il pane quotidiano per un partito come il PD.
Non ci si rende conto, ad esempio, che le elezioni negli ultimi anni, le grandi coalizioni nazionali le hanno sempre vinte al Sud dove ci sono stati i voti necessari per garantire il governo dell’intero Paese e dove si è mostrata, con alterne vicende, una certa mobilità elettorale decisiva per dare la vittoria a questo o a quel schieramento.
Il governo Berlusconi-Lega ha operato in questi anni solo per tagli e trasferimenti di risorse al Nord, in nome dei suoi “superiori interessi di “motore economico del Paese.
Publbicato su “Calabria Ora” 18 febbraio 2011
Mi si deve spiegare, come se fossi un bambino di sei anni, cosa c’entra con la “responsabilizzazione del Sud” e il federalismo il taglio dei fondi FAS per pagare le multe UE degli allevatori del Nord.
Mi chiedo, ancora una volta come se fossi un bambino di sei anni, come facciamo a spiegare agli insegnanti precari del Sud ai quali è stata tolta anche la possibilità di emigrare al Nord con il meccanismo delle graduatorie a coda bocciate dalla Consulta e reinserite dalla Lega nel Milleproroghe, che adesso Bossi è un interlocutore, non è razzista, che la sua è una grande forza popolare con la quale dobbiamo dialogare ?
Siamo sicuri, infine, che facendo così cacceremo Berlusconi ? La grande alleanza costituente (che riceve ogni giorno più no che si da parte dei possibili interlocutori) che D’Alema e Bersani avanzano, ha chiarito i termini della sua proposta per il Paese ? Io non riesco a vederla questa proposta e mi considero un lettore assiduo ed un osservatore attento. Se poi vedo che addirittura si guarda alla Lega come possibile interlocutore “democratico”, confesso di provare un po’ di paura, ci vedo una rincorsa alla conquista del potere per il potere, non per fare qualcosa di diverso.
Sansonetti auspica la nascita di una nuova forza meridionalista che punisca i partiti nazionali che si sono alleati contro il Sud. Sono meno ottimista di lui: colgo infatti i rischi di una deriva di ulteriore frammentazione politica e sociale magari anche in nome di un autonomismo che avrebbe ben poco di nobile collocandosi in una dimensione ancora più stracciona e subalterna. Un futuro tutt’altro che roseo e il PD e il centrosinistra non possono e non devono metterci la firma sotto.
Volevano candidare Angelo Vassallo alla Camera, il sindaco di Pollica ucciso dalla camorra, Veltroni e Bettini lo ignorarono.
In un articolo pubblicato oggi su il Venerdì di Repubblica, si apprende che nel 2008 il PD di Pollica aveva scritto a Veltroni e Bettini per proporre la candidatura del sindaco Angelo Vassallo, alla Camera.
In quell’occasione i dirigenti democratici di Pollica non ebbero neanche la “confidenza” di una risposta. Pare che il Sindaco, all’oscuro dell’iniziativa assunta dai suoi amici si arrabbiò moltissimo con loro quando venne a saperlo e ci rimase ancora più male sapendo che essa non aveva avuto alcun riscontro.
In verità in quei mesi le liste venivano gestite come un “casting” per usare l’espressione di Matteo Renzi (mettiamo l’operaio, l’imprenditore, il giovane, lo scrittore…) e in Campania si scatenò la battaglia contro Bassolino e contro De Mita, il “vecchio” che aveva la pretesa di ricandidarsi con il PD (finendo poi parlamentare europeo con l’UDC).
Si inseguì la candidatura di Roberto Saviano che rifiutò parlando di un PD altrettanto camorrista del PDL…ma questa è storia.
L’episodio però deve farci riflettere al di là del merito della vicenda. Il povero Vassallo, un sindaco che nella Campania dell’emergenza rifiuti aveva realizzato uno dei comuni più avanzati dal punto di vista dell’ecosostenibilità e anche per questo inviso alle organizzazioni criminali che ordinarono la sua brutale eliminazione, non fu candidato nonostante avrebbe potuto dare molto al PD e al Centrosinistra.
Al suo funerale c’erano tutti, anche coloro che all’epoca non lo degnarono neanche di una risposta, a piangerlo, giustamente, e ad indicarlo come esempio di una buona amministrazione possibile anche nel Sud e come coerente testimonianza di lotta alla criminalità.
Non c’è in questo mio dire un giudizio di valore: solo l’amara constatazione che il Sud non è tutto “Gomorra” e che forse un atteggiamento meno “liquidatorio” su quanto esprime la politica del Mezzogiorno avrebbe consentito di valorizzare.
Un problema di approccio, quindi, che continua ad essere condizionato da pregiudizi e preconcetti, che non aiuta nella lotta contro i mali del Sud, a partire dalla criminalità organizzata. Ma è anche un problema, grande quanto una casa, di democrazia. Se ci fosse stata un’altra legge elettorale probabilmente Vassallo sarebbe stato in Parlamento a portare la sua esperienza in un contesto nazionale, meglio di tanti altri che sono stati “nominati” secondo il criterio della fedeltà ai gruppi dirigenti nazionali.
Dico di più, forse sarebbero bastate anche le primarie per farlo candidare e dare un contributo positivo ad una campagna elettorale difficile.
Questo episodio è la prova drammatica, che fermo restando questa legge, i parlamentari non possono più essere nominati né indicati attraverso “casting”, ma scelti dai cittadini attraverso le primarie.
LE DICHIARAZIONI DI DE MAGISTRIS CONTRO NICOLA ADAMO UN CAPOLAVORO DI INCOERENZA…
E’ ampliamente noto il fallimento di De Magistris nella sua attività inquisitoria.
Da inquirente ha provocato non solo danni all’immagine ed alla credibilità della giustizia italiana ma anche danni erariali, se è vero come è vero che solo per la inchiesta “Why Not ?” ha dilapidato circa 10 milioni di euro.
I fatti dimostrano come ha utilizzato la funzione di pubblico ministero per ritagliarsi tribune mediatiche nazionali nelle vesti di un Savonarola che coltivava l’ambizione di fare carriera politica.
Oggi per quella attività è stato addirittura rinviato a giudizio e, dismettendo i panni del Savonarola di turno, cerca di vestire quelli della vittima per evocare allo stesso modo di Berlusconi, complotti ai suoi danni, lanciando sospetti e diffidenze sulla magistratura.
Da politico, europarlamentare, ora non demorde.
Egli è sempre puntuale a demonizzare gli altri ma sempre pronto a ritrarsi quando coerenza imporrebbe ad egli stesso di rispettare il codice etico e mettersi da parte di fronte alle gravi accuse che gli sono state rivolte prima dal CSM e poi dalla Procura e dal Tribunale di Roma.
Nel dimenarsi nelle sue confusioni, determinate soprattutto dalla commistione tra il ruolo di PM e quello di europarlamentare, ha trovato il tempo di rilasciare dichiarazioni pubblicate stamane da “Il Quotidiano della Calabria” per intervenire nelle vicende del PD calabrese e lanciare strali sull’on. Nicola Adamo.
Vorrei solo ricordare, in questa sede, una differenza che reputo fondamentale tra la storia di Nicola Adamo e quella del citato De Magistris, e che è nota ai più: Nicola Adamo non si è mai sottratto né al giudizio degli elettori né a quello della giustizia né ha mai evocato complotti o invocato immunità, a differenza del nostro che, quando qualcuno lo indaga evoca oscure trame e chiede solo per sé la non applicazione del codice etico del suo partito.
Per gli altri, invece è tutta un’altra cosa fino alla chicca finale: non dimentico di aver fatto cadere con la burla della sua inchiesta il governo Prodi, oggi si propone di dare una mano all’opera di Musi per seppellire il PD calabrese.
Se ciò è la prova di una costante volontà persecutoria nei confronti di Nicola Adamo è anche la dimostrazione che la bramosia di De Magistris punta a sostituirsi alla rappresentanza di un centrosinistra credibile e per davvero legato ai bisogni della gente e capace di costruire l’alternativa al centrodestra. Insomma con De Magistris in campo c’è davvero poco da sperare per chi vuole costruire l’alternativa a Berlusconi e al centrodestra calabrese.