Samuel P. Huntington
La caduta del Muro di Berlino non ha significato la fine della storia.
Quando 25 anni fa il popolo di Berlino abbatté il Muro che divideva la città ed era diventato il simbolo stesso della Guerra Fredda, tutti fummo certi di trovarci di fronte ad una di quelle svolte inaspettate che la storia talvolta ci consegna.
In particolare, per molti, fu la conferma che il liberalismo e non il socialismo nella forma che storicamente si era realizzata, rappresentasse l’unico approdo possibile della vicenda umana.
Un filosofo neo-hegeliano nippo-americano, Francis Fukuyama, scrisse un fortunato saggio il cui titolo ha finito per segnare un’epoca: La fine della storia e l’ultimo uomo.
In particolare, con grande ottimismo “progressivo”, Fukuyama individuava nel modello liberale e liberista l’unico sbocco possibile per una società mondiale che, dopo il crollo del comunismo, finalmente si avviava ad una definitiva stabilizzazione.
La storia, testarda, smentirà questa tesi sin da subito. le due guerre in Iraq, lo scoppio dello scontro etnico-religioso in Jugoslavia nel cuore stesso della civilissima Europa, l’Afghanistan, la grande minaccia terroristica con l’attentato alle Twin Towers dell’11 settembre del 2001 fino alla drammatica minaccia dell’Isis di questi giorni.
Il mondo dopo il Muro non solo si è scoperto più incerto e più insicuro ma sono riaffiorati “mostri” antichi, quasi medievali, come l’intolleranza etnica e religiosa, il razzismo, il genocidio, le persecuzioni dell’uomo sull’uomo.
A queste crisi si è cercato di rispondere con una applicazione (piuttosto rozza, a dire il vero) della teoria sullo scontro di civiltà basato sul famoso libro di Samuel P. Huntington, che è stato tradotto dalla destra americana nella considerazione della inevitabilità delle crisi e nell’illusione, spesso pretestuosa, della “esportazione militare della democrazia”.
Intanto in tutto l’opulento Occidente una crisi economica senza precedenti morde settori sempre più ampi della società sospingendo milioni di persone verso la povertà e l’emarginazione.
A questa crisi si continua a pensare di poter rispondere con la destrutturazione del welfare e la messa in discussione di diritti che sembravano ormai acquisiti.
Tutto ciò nasce dalla mancanza di un’analisi seria su ciò che è davvero accaduto a partire dal 9 novembre del 1989, e cioè che la fine del socialismo reale non poteva tradursi né in una espansione illimitata della democrazia liberale e dei suoi valori secondo l’illusione di Fukuyama né nella pessimistica rinuncia a questa prospettiva e nel prono affidarsi alle leggi del mercato e della forza.
Non si è mai voluto riconoscere che il flusso della storia che aveva generato il marxismo e persino lo stesso leninismo non era stato una cesura rispetto al liberalismo ma una sua conseguente continuazione. Fu, invece, la deformazione autoritaria e totalitaria iperpoliticista scaturita dalla Rivoluzione d’Ottobre e codificata dallo stalinismo la vera cesura e deviazione, l’unica che bisognava davvero archiviare con la caduta del Muro.
Tuttavia, se oggi sono molti i liberali che tornano a rileggere Karl Marx vuol dire che forse qualcosa sta cambiando e che si sta tornando a guardare alla storia senza gli occhiali deformanti dell’ideologia (come, del resto, ci insegnava a fare proprio il vecchio Karl !!!).